Titolo: Riccardo va all'inferno
Regia: Roberta Torre
Anno: 2017
Paese: Italia
Festival: 35°Torino Film Festival
Giudizio: 2/5
In un Fantastico Regno alle porte di
una città di nome Roma, vive in un decadente Castello la Nobile
Famiglia Mancini, stirpe di alto lignaggio che gestisce un florido
traffico di droga e di malaffare. Qui, Riccardo Mancini è da sempre
in lotta con i fratelli per la supremazia e il comando della
famiglia, dominata dagli uomini ma retta nell'ombra dalla potente
Regina Madre, grande tessitrice di equilibri perversi. Tornato a casa
dopo un lungo ricovero in un ospedale psichiatrico, Riccardo inizia a
tramare per assicurarsi il possesso della corona, assassinando
chiunque ostacoli la sua scalata al potere.
"L'unico perdono possibile resta
sempre la vendetta"
Riccardo va all'inferno è uno dei film
trash italiani più costosi degli ultimi anni.
Al TFF come sempre nella sezione After
Hours il pubblico sembrava "domandarsi il perchè" dopo la
prima del film. Qualcuno rideva, qualcuno agitava la testa confuso
come per chiedersi cosa avesse visto, ma l'atmosfera generale era di
stupore anche se in senso negativo.
E'difficile cercare di essere critici e
seri con un film che diciamoci la verità "si prende sul serio"
pur non riuscendoci. Torre vuole portare la tragedia quella
shakespiriana di Riccardio III ai giorni nostri. Vicende di mafia
mischiate in un mondo che prende prestiti un po ovunque dal cinema e
inserisce un nutrito cast di attori che pur scimmiottando e recitando
sopra le righe, riescono almeno a creare un'impalcatura che per certi
versi regge la tragicommedia.
C'è da dire che non è mancato il
coraggio alla regista. Di questi tempi in cui è sempre più
difficile provare il cinema di genere in Italia, quest'opera al di là
dei pregi e dei difetti ha coraggio da vendere. Alcuni momenti e
squarci che la scenografia disegna sono interessanti come il Regno
del Tiburtino, il bestiario periferico, alcuni settings visionari, i
mascheroni che sembrano uscire da Trash
Humpers, ma poi tutto
comincia a diventare tessera di un mosaico non suo dai costumi e una
vena dark che sembra uscire da DARK CITY, un'amore incondizionato per
Terry Gilliam, la cura Ludovico Bis di ARANCIA MECCANICA, etc
Quello che non regge è il taglio da
musical che in diverse parti spezza quanto di buono e orrorifico
l'atmosfera e il ritmo cercavano di fare, in alcuni momenti davvero
noiosi e in cui per quanto Ranieri si sforzi di dare dignità e
spessore al personaggio, assume in dei momenti un taglio farlocco e
volontariamente o involontariamente comico.
Nel cast Sonia Bergamasco riesce ad
essere utilizzata bene con un personaggio, una genitrice
mefistotelica, che seppur già visto ha i suoi momenti di svago e di
potenziale originalità. Camei a volte non sfruttati a pieno come
quello della Calderoni e di Frezza purtroppo potevano regalare
qualcosa di più.
Come film corale, revenge-movie e
dramma grottesco Riccardo non sempre vince alternando momenti statici
e tragicomici con altri in cui allo sforzo non è conseguita la
riuscita.
L'unico successo al di là del
coraggio, è che questo è il più bel film della regista finora.
Nel suo disordine e caos, nella sua
ossessione per il corpo e la mutilazione, per i freak e quanto di più
storpiato e deturpato, quest'opera con tutti i suoi infiniti limiti
ha qualcosa di affascinante.
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