Titolo: Revenge
Regia: Coralie Fargeat
Anno: 2017
Paese: Francia
Festival: 35°Torino Film Festival
Giudizio: 3/5
Jen, una lolita dei giorni nostri,
viene invitata da Richard, il suo ricco amante, alla tradizionale
battuta di caccia che l’uomo è solito organizzare con due amici.
Lontana da tutto e immersa nello spettacolare scenario del Grand
Canyon, la ragazza diventa presto preda del desiderio degli uomini e
la gita prende una piega inaspettata…
«Si trattava davvero di
simbolizzare la mutazione di un certo modo di rappresentare la donna
al cinema, troppo sovente vista come semplice comprimario o come
oggetto sessuale da svestire o sminuire. Inizialmente il film gioca
con questo tipo di rappresentazione, spingendola però all’estremo
fino a sfociare nella sua controparte brutale. A quel punto la
protagonista diventa la vera figura forte del film, una supereroina
donna e il motore dell’azione». Dopo la Ducournau ecco
un'altra regista da tenere d'occhio.
Un Rape & Revenge frizzante e
iperbolico di una bellezza visiva incredibile con una fotografia
immensa che riesce a mettere in risalto anche le formiche che
rosicchiano la ferita di Jen quando cade nel precipizio. Revenge
semplicemente spinge l'accelleratore al massimo tra estetica patinata
e gore spinto a manetta. A parte che l'opera prima di Fergeat sembra
essere la risposta a quella parte dell’universo femminista che si
limita a indignarsi o a protestare sui social media senza poi fare
nulla di concreto. Qui la Lolita, una bellissima modella italiana
poco conosciuta, si stacca il tronco dal corpo e cicatrizza tutto con
la lamiera incandescente di un barattolo per citare RAMBO tra i più
depredati all'interno delle ampie citazioni che la Farget non
nasconde.
Revenge scorre davvero che è un
piacere e deflagra in un duello finale tra il maschio Alfa e la
rinata Femmina Alfa tecnicamente sopraffino ed esplicito oltre ogni
misura dove uno dei traguardi più grossi riusciti alla regista è
stato quello di riuscire a caratterizzare molto bene i protagonisti
(4 per tutto il film) e a renderli, soprattutto gli uomini e
soprattutto gli ultimi due arrivati a far così schifo e dare un
quadro di quelli che sono ne più ne meno gli intenti borghesi e dove
in tutto ciò finisce la donna. In questo la villa di Richard è
perfetta per sintetizzare un sistema fasullo, superficiale, intriso
di ipocrisia e alimentato da sopraffazione e violenza dove il trio,
chiaramente, non poteva che essere fatto da cacciatori armati fino ai
denti, nonché morbosi, corrotti e codardi.
Jen imbraccia il fucile e il deserto fa
tutto il resto...
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