Titolo: Michael Moore in TrumpLand
Regia: Michael Moore
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Il documentario è la ripresa dal vivo
di uno degli show tenuti da Michael Moore in Ohio nelle ultime
settimane, durante i quali ha cercato di "incontrare a metà
strada" l'elettorato di Donald Trump in uno degli stati più
conservatori del Midwest americano. La performance è stata ripresa
nel Murphy Theatre di Wilmington, Ohio, nella contea di Clinton, dove
ci sono 25mila votanti registrati e solamente 500 di questi sono
democratici. Da qui il titolo del film: più che alludere al
candidato repubblicano, "TrumpLand" indica esattamente i
luoghi visitati da Moore, la terra di Trump.
"Lo so, oggi Donald Trump è la
molotov umana che siete pronti a lanciare contro il sistema. Volete
trasformare l'8 novembre nel più grande "Fuck Off day"
della storia: e forse vi sentirete benissimo il 9. Un po' meno la
settimana dopo. Ed entro un mese farete come gli inglesi dopo Brexit:
raccoglierete firme per chiedere di tornare indietro. Quando sarà
troppo tardi".
Più che un documentario, TrumpLand è
un monologo, un docu-show, dall'inzio alla fine in cui il regista da
sempre schierato vomita senza sosta un monologo teatrale di '72
contro i sostenitori di Trump e i democratici riluttanti appoggiando
senza riserve la candidata democratica.
Ci sono tanti argomenti e tante aree di
scontro, alcune interessanti attuali e che condivido con altre che ho
trovato forse un po troppo frettolose e con quell'ironia di fondo che
non riesce ad essere così intellettualmente stimolante e pungente
anche per uno dal talento di Moore che da sempre si è imposto come
documentarista scoperchiando temi e vicende socialmente ed
economicamente rilevanti.
Il monologo è stato registrato
ovviamente prima delle elezioni presidenziali e i fatti successivi li
conosciamo tutti, quindi vuol dire che nemmeno Moore c'è l'ha fatta
o forse invece è riuscito a far cambiare idea a qualche migliaio di
persone che di certo non sono bastate a togliere la vittoria
all'attuale presidente degli Stati Uniti d'America.
Moore come sempre non ha provocato con
le parole ma con la scelta della location, lo stato e la forma con
cui ha dato vita a questo docu-show. Infatti quel martedì mattina
prima delle elezioni, a sorpresa il regista ha invitato il suo
pubblico all'Ifc Center di New York, il celebre cinema d'essai sulla
Sesta Avenue a pochi passi dalla New York University, offrendo
biglietti gratis per i primi arrivati. Una proposta che ha subito
scatenato il popolo di Moore: che già alle 4 del pomeriggio ha dato
il via a un lungo serpentone che 5 ore dopo, ad apertura del
botteghino, affollava la vicina West 4 Street e girava su per
Cornelia mentre davanti al cinema la folla si accalcava davanti a un
Trump di cartapesta pronto a leggere il futuro con frasi lapidarie
come "I don't care of Obamacare", me ne frego della riforma
sanitaria di Obama.
Girato due settimane fa in due serate a
Wilmington, Ohio - uno di quegli ex stati operai del Midwest dove
oggi Trump è fortissimo, Moore riesce con una formula di botta e
risposta a dare vita e valore ad una cronologia di temi e attuali
conseguenze che il nuovo presidente approverebbe senza la minima
esitazione e così dalla riforma Obama, alle guerre di conquista, ad
aumentare i poteri alle lobby delle industrie delle armi, al me ne
frego del G20 e degli accordi ambientali, vediamo una dopo l'altra
alcune scelte e profezie che forse nessuno pensava potessero
attualizzarsi.
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