Titolo: Song to Song
Regia: Terrence Malick
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Austin, Texas. Città di musica,
artisti, produttori. BV, musicista e cantautore, conosce Faye ad una
festa nella villa di Cook, giovane e ricco produttore che gioca con i
suoni e con le persone. BV non sa che la ragazza e Cook hanno avuto
una relazione, che non è ancora del tutto conclusa. Durante un
viaggio insieme, cresce l'amore tra BV e Faye, l'amicizia con Cook,
il ricatto del non detto. Il triangolo si complica, entra in scena
Rhonda, una cameriera, e Cook la sposa, condannandola all'infelicità.
Ditegli quello che volete, accusatelo di prendere per il culo i tempi narrativi e di fare un po ciò che vuole ma Terrence Malick rimane un maestro della visionarietà. Con lui la galleria delle immagini diventa una sorta di trip allucinogeno mandandoti in frantumi l'idea di una continuità narrativa in tre atti come di solito la percepiamo per lanciarti da una location all'altra nel bel mezzo di inquadrature insusuali e una fotografia stroposcobica del grande Emmanuel Lubetzki che sembra essersi inventato uno stile apposta per l'autore.
Storie d'amore, intrecci, relazioni che
vanno e vengono e sembrano disperdersi per poi ritrovarsi nelle
situazioni più anomale e improvvisate.
Come sempre l'eleganza, la moda, i
volti, i movimenti e le posture dei personaggi fanno tutti parte di
un disegno specifico che seppur regalando squarci di completa e
totale improvvisazione rimangono pervasi da quell'aura assolutamente
travolgente e riconoscibile del regista.
Rimane uno spettacolo di colori, di
giochi, di sorrisi e di silenzi. Scegliendo uno schema volutamente
corale per indagare di più nella psiche dei personaggi, sempre a
livello molto minimale riesce comunque e di più rispetto ai suoi
ultimi film a disegnare un crocevia di rapporti che trovano le giuste
risposte nella galleria di attori e artisti che si alternano
all'interno del film.
Il film poi dal primo atto in avanti,
mostra dei personaggi così carichi di simboli da risultare quasi
allegorici come succedeva per Bale in Knight
of Cups.
Del Shannon-Runaway è solo poi una
delle tante belle canzoni usate per celebrare forse una delle
soundtrack più sincere degli ultimi anni.
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