Titolo: Que dios nos perdone
Regia: Rodrigo Sorogoyen
Anno: 2016
Paese: Spagna
Giudizio: 4/5
Madrid, estate 2011. Nel pieno della
crisi economica, il movimento 15-M e un milione e mezzo di pellegrini
convivono in attesa dell'arrivo del Papa in una città calda,
violenta e caotica più che mai. In questo contesto, gli ispettori di
polizia Alfaro e Velarde devono trovare quello che sembra essere un
serial killer nel più breve tempo possibile e senza far rumore. Una
caccia all'uomo che li costringe a fare qualcosa che non avrebbero
mai immaginato: pensare e agire come l'assassino.
Sorogoyen arriva al suo terzo film con un'opera ambiziosa destinata a far parlare di sè almeno all'interno dei festival internazionali. Il perchè è molto semplice. Senza stare a ribadire l'ottima condizione del cinema spagnolo attuale questo intrigante thriller poliziesco, un buddy movie sporco e realistico, narra di una vicenda all'interno di una piccola rivoluzione nella città di Madrid.
Il papa e i fedeli, un serial killer
che stupra donne anziane dopo averle uccise e delle dinamiche tra i
protagonisti affiatate quanto complesse e drammatiche.
Sorogoyen si concentra prima di tutto
sui personaggi regalando splendide caratterizzazioni in cui cerca
sempre la complessità per denunciare e cercare di far comprendere
l'inferno in cui vivono alcune forze dell'ordine e la loro difficoltà
ad accettare le regole e stare nei meccanismi.
Tutto questo viene concepito con uno
sguardo appunto rivolto alle personalità che conducono la vicenda, i
loro stati d'animo, i loro conflitti interni ed esterni e infine
un'amore per tanti autori contemporanei cercando di omaggiarli al
meglio.
L'opera di Sorogoyen è un thriller che
lascia il segno per la cura in ogni dettaglio. Certo la struttura
del thriller è abbastanza canonica con un climax d'affetto ma
prevedibile. Il valore aggiunto al di là delle fantastiche location
e di un cast misuratissimo dove Antonio De La Torre continua il suo
periodo d'oro perfettamente equilibrato dal torello Roberto Alamo, un
mix di emotività e rabbia inconscia.
Nel film di Sorogoyen tutti hanno
l'animo lacerato di chi ha sofferto molto nella vita. Cerca di
scontare la pena e redimersi come può cercando di dare la caccia a
qualcosa che si pensa peggiore di noi. Il finale cerca di rispondere
proprio a questa domanda.
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