Titolo: Nona porta
Regia: Roman Polanski
Anno: 1999
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
Dean Corso svolge, con grande
entusiasmo, un lavoro che esige pochi scrupoli, oltre ad una buona
cultura e nervi d'acciaio. Cercatore di libri rari per collezionisti,
viene ingaggiato del famoso bibliofilo Boris Balkan. La sua missione
sarà scovare gli ultimi due esemplari del leggendario manuale
d'invocazione satanica "Le nove porte del Regno delle Ombre",
confrontarli con l'esemplare, ritenuto unico, di cui è in possesso
Balkan, e giudicarne l'autenticità. Corso si dedica a tale ricerca
facendo appello alle sue illimitate risorse: tutti i mezzi sono buoni
perchè non è permesso fallire.
L'esoterismo, nel bene e nel male, è
stato una costante nella vita, registica e non, di Roman Polanski.
Dal brutale omicidio della moglie Sharon Tate ad opera degli adepti
di Manson fino alla realizzazione di due capolavori, il regista
polacco ha avuto a che fare con il diavolo e i suoi derivati in più
occasioni.
Ma diciamo la verità. Un investigatore
di libri in un contesto horror magico con richiami satanisti e
un'atmosfera esoterica è quanto di meglio uno spettatore possa
chiedere. In mano poi a uno dei più grandi registi della storia del
cinema la risposta è ovvia.
Un cult, non un capolavoro.
The nine gate è un film complesso che
cerca di prendersi leggermente meno sul serio rispetto ad altre opere
del regista ma che poi controllando meglio, come nei simboli nascosti
nel libro, regala più di quanto sembra.
I motivi futili e scenici per cui
alcuni critici e una fetta di pubblico lo hanno cestinato è per il
semplice fatto che ad un certo punto vediamo volare il demone che
protegge Corso e altri momenti, chiamiamoli action, poco sfruttati
nel cinema del regista polacco, ma che qui invece hanno una loro
funzionalità e peculiarità di fondo.
La Nona porta parla di edizioni uniche
e antiche, passate nei secoli di mano in mano, determinando tragedie
immani, porte per aprire cancelli per l'inferno, l'inutilità di
alcune sette, ricatti e vendette e infine un climax abbastanza
avvincente se non fosse, e qui l'unica critica al film, un finale
troppo sintetico come se bisognasse chiudere set e produzione da un
giorno all'altro.
Deep è funzionale come in tutti i suoi
film, è una maschera e nulla più, lottando a tutti i costi per
essere scelto da Polanski che poi manco a farlo apposta si è trovato
malissimo a lavorare con la star.
Langella e la Olin invece danno prova
con personaggi potenti, ambigui e pieni di odio e potere, di dare
quella inquietante impressione di come la sete di conoscenza generi
mostri scambiandosi battute e infine scontrandosi proprio nel tempio
dove si sta svolgendo la cerimonia di evocazione finale.
Il regno degli inferi e l'ossessione
che ad un certo punto assale Corso (rapito anche lui dall'occultismo
e dalla paranoia perchè il libro che custodisce venga rubato) crea
diversi percorsi in cui il protagonista non sa più di chi fidarsi in
questa estenuante corsa contro tutti.
Interessante anche se caratterizzato
meno il personaggio della Ragazza, interpretato dalla Seigner, che
potrebbe essere Lilith così come altri personaggi appartenenti a
simbologie e interpretazioni delle più variegate che accompagnano
l'uomo verso il suo destino, trovando prima l'estasi totale in una
scena di sesso memorabile. Un'ultima nota va per le musiche sinistre
di Wojciech Kilar.
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