Titolo: Nel più alto dei cieli
Regia: Silvano Agosti
Paese: Italia
Anno: 1976
Giudizio: 4/5
Un gruppo di persone che hanno ottenuto
un'udienza dal papa resta bloccato nell'ascensore del Vaticano. Prima
c'è fastidio, poi stupore, poi paura; poi ognuno si abbandona ai
propri istinti: violenze, stupri, uccisioni, cannibalismo. Rimane
viva solo una suora. Ma è stato solo un incubo; quando l'ascensore
si apre tutti ne scendono.
Che strano outsider Silvano Agosti. E
che meraviglia scoprire e guardare questa fantastica rappresentazione
dell'animo umano che a volte può diventare nero come il petrolio.
Nel più alto dei cieli è stato
immediatamente ritirato dal commercio e sequestrato per la bellezza
di quasi 14 anni. E'un film con moltissimi limiti soprattutto per
quanto concerne il reparto tecnico. Montaggio, fotografia, sonoro,
recitazione, tutto assume un aspetto molto low budget di quelli che
fanno pensare oltre ai limiti dettati dalla produzione, al fatto che
l'autore voglia concentrarsi sui dialoghi, il senso, gli intenti e il
ritmo che nel secondo atto comincia ad essere frenetico citando tra
le righe Ballard e tanta distopia.
All’interno dell’ascensore c'è ne
veramente per tutti i gusti: varie classi sociali medio-alte tra cui
un politico, un insegnante, un intellettuale e un sindacalista, ma
anche uomini di fede come suore e sacerdoti.
La metafora nel momento dell'incidente
scatenante si amplia e assume forme nuove e diverse.
Nel ventre del Vaticano, gli agnelli di
un dio sconosciuto (l’ascensore sale all’infinito) si scannano a
vicenda senza pietà. La critica acidissima sembra voler suggerire
l’inadeguatezza religiosa e politica che di fronte al degrado
morale si rifugia dietro a sterili massime proverbiali.
Il risultato è qualcosa di straziante
e disomogeneo. Il finale lascerà basiti per come Agosti non cerchi
solo una critica, comunque efficace, e non punta solo a cercare di
mettere in imbarazzo la Chiesa Cattolica (che dal momento in cui il
film venne ritirato si è risposta da sola come sempre censurando
senza poter dare possibilità di discussioni e analisi) ma prendendo
dentro l'ascensore tutte le stereotipie istituzionali.
Un film prezioso, sperimentale,
grottesco, cinico e scomodo. Un film di denuncia che sfrutta la
claustrofobia dell'ascensore come salita per l'inferno di ognuno di
noi, o meglio di chi brama nascondendosi dietro simboli e fanatismi
religiosi e politici.
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