Titolo: Port of Call
Regia: Philip Yung
Anno: 2015
Paese: Cina
Festival: TFF 34°
Sezione: Festa Mobile
Giudizio: 3/5
Una prostituta adolescente viene uccisa
in modo orribile: il suo corpo viene fatto a pezzi e gettato in un
gabinetto, mentre la testa viene buttata nel Victoria Harbor. La
polizia inizia a indagare...
“Se una persona arriva a sacrificare
il proprio corpo, vendendolo in modo da poter fare una vita diversa,
perché improvvisamente dovrebbe avere voglia di morire?”
Avete presente ANATOMIA DI UN RAPIMENTO
di Kurosawa e L'ELEMENTO DEL CRIMINE di Trier. Ecco l'ultimo film
dello sceneggiatore Yung mischia e sembra ricordare per alcuni
aspetti e per come concepisce location e dettagli i due registi sopra
citati, da una parte e dall'altra in un film lento, lungo e complesso
con svariati archi temporali e una messa in scena digitale che grazie
alla fotografia di Cristopher Doyle riesce a tirare fuori alcune idee
e una regia ottima e suggestiva.
E'un film a metà Port of Call. Forse
troppo lungo e con alcune linee narrative e sotto-storie difficili da
seguire e da tenere a mente. Dalla sua porta a casa una realisticità
inquietante, uno studio intimo dei personaggi e del dramma sociale e
alcuni dialoghi strazianti sulla miseria umana e sul degrado.
E'un film in cui i protagonisti sono
tutti molto soli e soffrono silenziosamente. Chi come il detective a
causa dell'isolamento e per l'ossessione comportata dal suo lavoro
che gli ha fatto perdere la famiglia. Soffre il killer, dilaniato dal
senso di colpa e dalla difficoltà di non essere accettato. Soffre la
vittima, dimenticata dalla sua famiglia e ormai una lucciola timorata
che cerca ripari nei posti più pericolosi.
Un noire cupo e gelido che attinge a un
vero fatto di cronaca: l’omicidio, avvenuto nel 2008, della
sedicenne Wong Ka-mui, una ragazza che si era trasferita a Hong Kong
dalla Cina continentale e aveva ben presto abbandonato la scuola.
Wong è stata strangolata mentre forniva prestazioni sessuali e il
suo corpo non è mai stato trovato, perché il killer ne aveva
buttato alcune parti nel gabinetto, altri pezzi li aveva gettati al
mercato e la testa era finita nelle acque del porto. Il caso aveva
suscitato articoli sensazionalistici
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