Titolo: Fixeur
Regia: Adrian Sitaru
Anno: 2016
Paese: Romania
Festival: TFF 34°
Sezione: Festa Mobile
Giudizio: 4/5
Un giovane tirocinante che lavora in
una redazione viene a conoscenza di uno scandalo sessuale
sensazionalistico che rappresenta la sua grande occasione per farsi
notare e fare carriera nel mondo del giornalismo.
Peccato per quelle piccole e macchinose
didascalie a cui il regista non sembra poter fare a meno (e mi
riferisco ovviamente al rapporto padre/figlio e al tentativo di
ricongiungersi) perchè il secondo film di Sitaru dopo il premiato e
ambizioso ILEGITTIM e'un altro duro colpo alla sensibilità e alla
psiche dello spettatore. Un dramma contemporaneo tratto da fatti
reali di incredibile spessore.
Qui si parla di prostituzione minorile,
di giovani ragazze spedite in altri paesi all'insaputa delle loro
povere famiglie, del ruolo e della sensibilità dei giornalisti,
delle contraddizioni dei media, della competizione sportiva e
professionale e di molto altro ancora.
Fixeur è un film scritto molto bene
che non si perde in inutili lagne ma arriva subito al punto, ovvero a
far emergere lo "schifo". Proprio il terreno più duro e
spietato viene inserito come una detective-story, in tutta la parte
legata all'ostinazione di questo gruppo di giornalisti per avere
l'anteprima su una delle prostitute che hanno deciso di denunciare il
loro carnefice, finendo così in un altro inferno legato alla
protezione e al cercare di rimanere nascoste. Dopo Mungiu, forse il
più famoso tra i contemporanei registi rumeni, Sitaru continua anche
a lui a battersi per un cinema sociale e di denuncia, un viaggio
ambizioso, un cinema teso e morale in cui si scava nell'animo di un
paese che grazie alla settima arte si sta piano piano rinarrando
mettendo in luce difficoltà e contraddizioni del presente e del
passato come si evince da numerose scene in cui la popolazione non
sembra accettare di buon occhio gli intrusi "francesi" e la
loro ambizione a portare a casa qualcosa che sembra dover appartenere
solo alla Romania.
Perchè Fixeur non è tanto e solo il
racconto sul giornalismo che manipola la verità e che sembra più
legato alle conoscenze e ai favoritismi che non alla meritocrazia, ma
parte da queste riflessioni per costruire un semi-saggio sul tema
della verità e della conoscenza come scontro continuo con l’etica
umana e la deontologia professionale. Ancora una volta sono rimasto
sorpreso da come questi registi riescano ad antemporre la
riflessività al posto del ritmo.
Quando Radu trova infine il modo per
parlare con la ragazzina il film raggiunge il suo culmine, mostrando
una tredicenne la cui vita è stata forse irrimediabilmente rovinata
da ciò che ha passato, capace di comunicare solo attraverso la sua
sessualità abusata e proprio da qui da questo incontro che Radu
entra in crisi nella sua lotta interiore tra sciacallaggio
giornalistico e la morale che lo porta a dover compiere una scelta
fondamentale.
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