Titolo: Daguerrotype
Regia: Kiyoshi Kurosawa
Anno: 2016
Paese: Francia
Festival: TFF 34°
Sezione: Onde
Giudizio: 3/5
Dopo la scomparsa dell’amata moglie,
il celebre fotografo Stéphane ha cercato di colmare il vuoto
realizzando dagherrotipi a grandezza naturale che sembrano quasi
avere il dono di trattenere parte del soggetto. Quando l’acerbo
Jean ne diventa l’assistente, si trova coinvolto nelle ossessioni
di Stéphane e si innamora, ricambiato, di sua figlia Marie, la
principale modella delle fotografie. Per vivere il loro amore, però,
i due ragazzi dovranno evadere da quel mondo di immagini dalla
sorprendente forza vitale.
Il celebre regista indipendente
giapponese sbarca in Francia uscendo per la prima volta dalla sua
terra con un'opera difficile, sontuosa ed elegante. Un viaggio
interiore, un racconto gotico che prende e strizza l'occhio da Poe a
Bava, da Corman a Epstein ricordando per alcuni aspetti anche il
recente Crimson
Peak e ripercorrendo i
temi classici del cineasta inserendoli con un cast europeo e una
elegantissima location.
I fantasmi del passato che ritornano (o
forse non vanno mai via) lasciano ancora una volta un'impronta e un
significato reale e concreto a differenza di come spesso e volentieri
vengono utilizzati nel resto del cinema nipponico dal famoso j-horror
al kaidan sfruttato a pieno dal prolifico Miike Takashi nel
suo ultimo film. Ritornando a delineare un percorso già noto ai fan
del regista Kurosawa aggiunge un nuovo spessore alle sue storie di
fantasmi. Storie che, come da lui dichiarato, partono da una
riflessione sull’esperienza del mitoru,
lo stare vicini ai propri cari, al loro capezzale, tenendoli per mano
nel momento del trapasso. E in questo film ci sono due
personaggi maschili a non arrendersi di fronte alla morte, così come
i fantasmi stessi che, reciprocamente, non si arrendono alla vita.
Il protagonista del film IL PROFETA
continua un discorso che l'autore riprende e che sembra dirci che ciò
che vediamo con gli occhi è solo una minima parte del mondo e
infatti proprio questa frase si pone come lo strumento perfetto per
comprendere il film nella sua interezza e nelle sue complesse chiavi
di lettura.
Quindi il dagherrotipo, l'atmosfera del
film e la sua messa in scena, le location senza tempo e leggermente
inquietanti come questa affascinante villa dal gusto retrò,
dimenticata dal tempo, residuo architettonico di un mondo perduto,
sono tutti simboli e strumenti che mischiati insieme creano
un'ambientazione magica, quasi una fiaba triste e reale di persone
confinate in luoghi dimenticati dal tempo in una zona della periferia
parigina dove non sembra esserci nulla.
Le Secret de la chambre noire è un
giallo, un thriller intenso e molto lento in cui tutto viene
amalgamato per creare e dare spessore al colpo di scena finale che
arriva in maniera devastante.
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