Titolo: Need for Meat
Regia: Marijin Frank
anno: 2015
Paese: Olanda
Festival: Cinemambiente 19°
Giudizio: 4/5
Marijin, diventata madre da poco, cerca
di capire da dove provengano l’attrazione e la repulsione che prova
per la carne e come sia possibile dimenticare che la fetta di carne
che finisce nel suo piatto sia stata un essere vivente.
“Da circa dieci anni pensavo a
questo documentario. Mia madre era vegetariana, ma io ho iniziato a
mangiare carne da piccola ‘costringendo’ la mia famiglia a
cambiare. Ho provato più volte a tornare vegetariana senza mai
riuscirci. Quando è nata mia figlia Sally ho deciso che era venuto
il momento per una riflessione più approfondita e ho scelto di
raccontare la mia esperienza individuale perché ritenevo più facile
poterla rendere universale”
Ci sono alcune scene molti forti in
questo interessante documentario della regista e protagonista
olandese. Come ad esempio quando impara al mattatoio a uccidere le
mucche con un colpo solo per evitare di farle soffrire. Una tecnica
che vista dagli occhi del suo mentore è qualcosa che và oltre la
semplice catena di montaggio.
Una scena impressionante che non può
suscitare un certo disgusto e un'inquietante consapevolezza su come
ormai la società pur di rispondere al fabbisogno carnivoro dei
consumatori, tratti con sempre più distacco un momento così
cruciale come la morte di un animale.
Sono tante le questioni che la neo
mamma affronta mettendosi in prima persona per cercare di capire da
dove arrivi un'assuefazione così grossa che ha dell'incredibile
quando si sottopone ad un test celebrale e scopre che il desiderio
della carne è spesso superiore a quello per il sesso.
Ed è come per molti documentari del
festival, che continua ad essere sempre più interessante in tutte le
sue diversificate forme e temi che tratta, che si indaga prendendo
studiosi, terapisti, neurologi, chef, per finire con le ricette
vegane della figlia che sembra una delle uniche non alienate sul
concetto su cui si dipanano gli intenti del documentario.
Poteva chiamarsi diario di una
dipendenza.
Ed è vero perchè per molti di noi è
proprio così, dunque nulla di cui stupirsi, però il lungo lavoro
della regista offre una pista per prendere atto e cercare di capire
il perchè, quello sì di alcune scelte(a meno che allora significhi
disinteressarsi completamente all'argomento) così forse non
rimmaremo basiti nel 2050, quando finiremo a mangiare insetti per
nutrire la nostra gola.
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