Titolo: Regression
Regia: Alejandro Amenabar
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Bruce Kenner è il detective più in
gamba del suo dipartimento, una stazione di polizia di provincia, nel
Minnesota, dove tutti conoscono tutti, dalla nascita o quasi. È il
1990 e una ragazzina di nome Angela ha accusato il padre, John Gray,
di gravi abusi. Gray non nega a lungo, anzi si assume la colpa,
dicendo però di non riuscire a ricordare nulla. Viene dunque
chiamato uno psicologo, Raines, per sottoporlo ad ipnosi regressiva.
I ricordi dell'uomo si mescolano, sul taccuino delle indagini di
Kenner, con le parole di Angela, del fratello e della nonna, e presto
anche con i suoi stessi incubi, sempre più vividi e ingombranti.
Pur essendo un thriller che esplora il
mondo del satanismo, l'ultimo film di Amenabar ha qualcosa che non
torna. Un'indagine che trova le sue falle proprio nella sceneggiatura
e in uno spoiler che danneggia e scardina tutto il processo di
scrittura.
Il regista e gli sceneggiatori
riportano a galla una pagina di storia americana dei primi anni '90
inserendola all'interno di un quadro a tinte thriller e inquietanti
(elementi che vacillano nella pellicola) che lentamente prende la
strada della farsa, della presa in giro contando che quel che viene
raccontato per tutta la durata viene poi smontato negli ultimi sei
minuti con tanto di svolta narrativa stupidamente anticipata a metà
pellicola.
L'idea e la possibilità di puntare su
un plot più intrigante c'era così come sfruttare al massimo l'idea
della psicosi collettiva, per contagio umano e mediatico e tutto ciò
che ne deriva in una piccola cittadina del Minnesota sfruttando il
satanismo come spauracchio.
Amenábar dopo essere sparito per sei
lunghi anni dopo l'insuccesso di critica e pubblico con AGORA', torna
con un thriller ancora più scialbo, furbetto e scontato, mischiando
psicoanalisi, cronaca nera e sette con il risultato di andare fuori
di capoccia come il detective Kenner.
Nessun commento:
Posta un commento