Titolo: End of the Tour
Regia: James Ponsoldt
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Il film porta al cinema un ritratto
intimo e complesso dello scrittore David Foster Wallace, una delle
stelle della letteratura americana e mondiale dei nostri anni, morto
suicida il 12 settembre del 2008. Il libro di Lipsky, da cui il film
è tratto, è la cronaca di cinque giorni da lui trascorsi assieme a
DFW mentre era in giro per gli Stati Uniti per un tour di reading del
suo "Infinite Jest"
"L'America è uno tsunami di roba
che ti viene addosso"
Forse per apprezzare i discorsi di
Wallace bisognerebbe prima leggere uno dei suoi libri.
Pur non avendolo fatto ho avuto il
piacere di farmi un'idea con questo film e di assistere alle sue
divagazioni, monologhi, critiche e osservazioni sulla società.
In realtà quello che Ponsoldt,
veterano del Sundance, riesce a fare è ben più articolato e
complesso.
Un personaggio interessante e
particolare, per certi versi ambiguo, timido e solitario, che
preferisce vivere con i cani che con le persone (e non è certo
l'unico).
Segel riesce a dare un ritratto di
Wallace molto intenso, rubando in più riprese la scena al
giornalista Eisenberg, un altro attore che sta riscuotendo molto
successo.
Un road movie sulla memoria e i ricordi
dello scrittore che con un umiltà spaventosa, crea una sorta di
confidenza importante con Lipsky fin da subito, mettendolo e
mettendosi in crisi solo nei momenti in cui entrambi hanno a che fare
con l'esterno, con delle donne e in cui non rimangono soli in una
sorta di limbo a dare spazio all'intervista.
Un intervista che alla fine dei conti
smette di essere tale, condensata in cinque giorni di frequentazione,
amicizia e un intensa dialettica.
Proprio l'intervista di nuovo vacilla
per scandagliare tematiche e questioni più interessanti spaziando
tra concetti esistenziali, sociali, culturali, religiosi e politici
di ciascuno dei due.
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