Titolo: Quo Vado
Regia: Gennaro Nunziante
Anno: 2016
Paese: Italia
Giudizio: 2/5
Checco è stato allevato dal padre con
il mito del posto fisso. A quasi 40 anni vive quella che ha sempre
ritenuto essere la sua esistenza ideale: scapolo, servito e riverito
dalla madre e dall'eterna fidanzata che non ha alcuna intenzione di
sposare, accasato presso i genitori, assunto a tempo indeterminato
presso l'ufficio provinciale Caccia e pesca, dove il suo incarico
consiste nel fare timbri comodamente seduto alla scrivania. Ma le
riforme arrivano anche per Checco, e quella che abolisce le province
lo coglie impreparato: il suo status di single relativamente giovane
lo rende idoneo alla richiesta "volontaria" delle
dimissioni, a fronte di una buonuscita contenuta. Ma Checco,
consigliato dal senatore che l'ha "sistemato", non cede
alle richieste della "liquidatrice", la granitica dirigente
Sironi e lei, al fine di liberarsene, lo spedisce in giro per tutta
l'Italia, nelle sedi più disagiate e scomode. Checco si adatta e non
molla. Alla Sironi non resta che tentare un'ultima carta: mandare
l'impiegato al Polo Nord, in mezzo alle nevi perenni e agli orsi
bianchi. Per fortuna al Polo c'è anche Valeria, una ricercatrice di
grandi ideali e di larghe vedute che cambierà il destino del nostro
eroe e gli farà scoprire i piaceri (e le responsabilità) di una
vita civile.
Checco Zalone fa ridere su questo non
c'è dubbio quando è protagonista di imitazioni o ospite in
programmi televisivi. Checco Zalone fa quasi sempre ridere nei film o
nei lungometraggi.
Il quasi è un processo anomalo come
una profezia che sembra avverarsi quando cerca di prendersi sul serio
e non rimanere sul piano della commedia comica a tratti demenziale,
ma cercando di essere politically incorrect, senza invece capire che
proprio perchè è un film esemplarmente commerciale e Checco non è
un critico, la gente riderà anche di ciò che non fa ridere.
Quo Vado pur avendo una struttura
lineare, si sposta troppo e di continuo, come un termometro che alla
fine mostra una serie di gag che fanno fatica a trovare un collante
naturale.
Soprattutto dalla seconda parte in
avanti il film vacilla come il protagonista spaesato e senza nemmeno
più quella grossa carica ironica e stupidità che lo connotava nei
film precedenti.
Forse il tentativo di spingersi più in
là e di cercare traguardi dove è più impensabile provare a
coglierli (il polo Nord è imbarazzante) sono segnali, di un'annata e
di un paese che come sempre in cerca di un posto fisso e di una
sicurezza trova il sodalizio proprio nel genere della commedia per
tanti registi e per una politica che sembra non accettare e non
scommettere su nient'altro.
Se pensiamo a quanto questo processo
sia il limite del nostro paese, una frase "illuminante"
come quella di Dario Franceschini potrebbe aiutarci
"Grazie a #CheccoZalone. Il
successo di #QuoVado fa bene a tutto il cinema italiano e avvia alla
grande un 2016 di ritorno nelle sale."
Sicuramente in un fattore Nunziante e
soci hanno vinto. Gli incassi e il fatto che la normalità è un
concetto di maggioranza, la norma di molti e non quella di uno solo.
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