Titolo: Wave
Regia: Roar Uthaug
Anno: 2015
Paese: Norvegia
Festival: TFF
Festival: TFF
Giudizio: 3/5
Kristian Eikfjord, geologo con molta
esperienza, accetta un lavoro fuori città. Si prepara così a
trasferirsi con la famiglia quando con i suoi colleghi è costretto a
confrontarsi con piccoli cambiamenti geologici nel sottosuolo. Ben
presto, il peggior incubo dell'uomo sembra avverarsi e il disastro è
inevitabile: con meno di dieci minuti a disposizione, dovrà tentare
di salvare quanta più gente possibile, compresa la sua famiglia.
Cosa succederebbe se l'intenso
monitoraggio scientifico di una equipe al momento debito non
lanciasse un allarme d'emergenza? Probabilmente quello che è
successo nel 1905 in cui uno tsunami omicida a fatto un massacro
enorme, oppure il disastro del Vajont del '63 citato nel film, con
cui il quarto film di Uthaug sembra avere diverse analogie.
Il problema di fondo è sempre
sottovalutare quello che la Natura ci comunica anche quando non
dovrebbe a causa degli eccessi a cui ci esponiamo.
The Wave è un disaster-movie norvegese
in cui il pubblico sa benissimo che tutto alla fine andrà bene per
il nucleo familiare protagonista della vicenda.
Tutto il film si riassume in un unico
maremoto alto 80m, in una scena davvero suggestiva, che pur nella sua
brevità, raggiunge gli obbiettivi prestabiliti.
Il film è un kolossal standard in
tutto e per tutto in cui come dicevo, quelli che contano alla fine si
salvano, anche quando il protagonista, soprattutto nel finale, sembra
quasi un supereroe salvando la propria famiglia e riottenendo le
attenzioni del figlio.
Da questo punto di vista Uthang ha
cercato di essere un po troppo magnanimo e politically-correct quando
forse sarebbe risultato più credibile con un altro finale o un vero
colpo di scena.
Alla fine non sembra mancare nulla e
anche alcuni elementi secondari, come quelli nell'hotel, sembrano
funzionare alla perfezione. Eppure sarà forse per gli scarsi colpi
di scena o il fatto che il pubblico non faccia altro che aspettare
l'onda, rendono tutta la confezione più una maestria dell'eclettico
regista che non una vera prova di cinema di genere con risvolto
sociale.
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