mercoledì 30 dicembre 2015

Lobster

Titolo: Lobster
Regia: Yorgos Lanthimos
Anno: 2015
Paese: Grecia
Giudizio: 4/5

David è rimasto solo come (e con) un cane. Secondo le leggi vigenti, deve essere trasferito in un lussuoso hotel dove avrà a disposizione 45 giorni di tempo per trovare una nuova compagna. Terminato quel lasso di tempo, sarà trasformato in un animale a sua scelta e lasciato libero a vagare nel bosco.

Lanthimos dopo tre bellissimi film approda alla fantascienza distopica (da una parte c'è una tirannia che impone ritmi di vita alienanti e punizioni esemplari, dall'altra un gruppo di ribelli che vive nei boschi) in un modo, ma c'era da aspettarselo, completamente inaspettato.
Lobster è un film che richiede del tempo per pensarci e per pensare a come strutturare un'idea del genere e allo stesso tempo come farsela piacere soprattutto, e qui vince il cinema europeo, per quella idea di cinema che non deve spiegare cosa sta succedendo e meno che mai esaltarlo o evidenziarlo, elementi invece onnipresenti nel cinema americano.
Un film che dovrebbe essere un inno all'amore che più paura non può fare.
E'lo fa con quei toni da dark comedy, pochi dialoghi e una base molto grottesca di fondo.
Un mondo senza amore, anche il regista più cinico al mondo, non lo vorrebbe mai e amore e affetto grazie al cinema di genere hanno esattamente il bisogno di dimostrare il contrario.
L'essere umano ancora una volta è criticato nel suo modo di vivere o di credere di vivere, fingendo, oppure dimostrando di essere assolutamente individualista e anaffettivo.
Allo stesso tempo è un film che poteva centellinare, anzi doveva, minuziosamente il valore su cui poggia, altrimenti come dalla parte del bosco in avanti, il film esaurisce la sua carica diventando prevedibile e per certi versi scarso rispetto all'originalità di base.
Poi questo uso davvero originale e atipico della voce over che se da un lato spesso è una stonatura troppo didascalica, qui invece dice il banale coprendo l'essenziale oltre che anticipare gli eventi, è in questo non si sa bene se è provocazione o altro.
Certo il linguaggio analitico e complesso con tutta una simbologia che permea il film davvero schematica e non sempre facile da seguire sembra sia diventato il marchio di questo regista.
Ancora una volta una società che di fatto è pervasa da solitudine e depressione, ma di fatto cerca di imbrogliarla e mascherarla senza poterlo, perchè negherebbe la stessa esistenza.



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