Titolo: Winter Sleep-Il regno d'inverno
Regia: Nure Bilge Ceylan
Anno: 2014
Paese: Turchia
Giudizio: 5/5
In un villaggio sperduto dell'Anatolia,
in cui giungono turisti interessati alla struttura di antiche
abitazioni che formano un tutt'uno con la roccia, Aydin è il
proprietario di un piccolo ma confortevole albergo, l'Othello. L'uomo
è anche il padrone di diverse case i cui inquilini non sono sempre
in grado di pagare l'affitto e vengono puniti con il sequestro di
televisore e frigorifero. Aydin vive con la giovane moglie Nihal e
con la sorella Necla che li ha raggiunti dopo il divorzio. L'uomo è
stato attore e ora sta pensando di scrivere un libro sulla storia del
teatro turco.
Mi rendo conto che il cinema per me è
prima di tutto evocazione.
Di stati, di sentimenti, di un bisogno
di confrontarmi con le realtà più strane e diverse, luoghi e realtà
delle più svariate tipologie, inquietanti e scioccanti, poetiche e
commoventi, nuove e perverse.
In tutto questo senza mai disdegnare
nazionalità e tipi diversi di cinema.
Realtà distanti da una messa in scena
a volte come il cinema americano insegna e con dosaggi, tempi e
soluzioni ben differenti.
Pur conoscendo e avendo visto alcune
interessanti pellicole del cinema turco, è la prima volta che mi
trovo a visionare un film di Ceylan.
E devo proprio dire che pur durando tre
ore e mezza ho trovato il suo ultimo film intensamente poetico,
esaustivo, indimenticabile, oltre che raffinato.
E'difficile riuscire a confezionare una
tale messa in scena con un acume così profondo, un senso e una
dilatazione dei tempi, una cast funzionale e un attore in stato di
grazia capace di trascinarti ovunque e di rimanere ad ascoltarlo
affascinato.
Con atmosfere e tempi rarefatti, in un
Anatolia che forse pochi conoscono o hanno mai visto, il regista
compone un poema senza mai grossi colpi di scena, ma documentando e
osservando i fatti lasciando in questo modo il tempo allo spettatore
di dare una spiegazione ad ogni evento e riflettere su tutte le
possibili scelte e risorse.
Una realtà e un hotel in mezzo alla
neve quasi inaccessibile, una prigione bianca e candida, un limbo
lontano dalla società, dove nessuno e rinchiuso ma tutti a loro
modo, Nihal più di tutti, si sente fragile e intrappolata.
Grazie ad una sceneggiatura colta e
raffinata e con alcuni dialoghi straordinari e una compostezza delle
immagini sorprendente, Ceylan aggiunge un altro importante tassello
ad una cinematografia in continua evoluzione che ha bisogno e si
interroga, facendo passare alcune tematiche esistenziali e
universali, in un salotto scarno e minimale nella sua compostezza in
cui giocano i personaggi e battute.
In più l'evolversi di Nihan, le sue
mille sfaccettature, e la differenza di ideali e di età con la
moglie, sembrano un saggio sulla trasformazione, sul cambiamento e
sulla secolarizzazioni di tempi, religioni (lui è ateo) e infine dei
metodi.
Dalla teatralità delle argomentazioni
e grazie alle note di una colonna sonora evocativa ed elegante,
Winter Sleep porta a dei livelli molto alti la potenza simbolica di
un contesto commovente, rurale e mai scalfito dal passare del tempo
di un paesaggio immortale
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