Titolo: Bedevilled
Regia: Cheol-soo Jang
Anno: 2010
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 3/5
Per fronteggiare una forte crisi
depressiva, Hae-won decide di andare a trovare un'amica
dell'infanzia, Bok-nam, che vive a Mundo, una desolata isola sperduta
a sud di Seoul. Là troverà una comunità maschilista che sfrutta la
debolezza fisica delle donne per usurparle e ridurle a vittime
incapaci di ribellarsi. La convivenza tra le due donne viene così
inframmezzata da momenti di serenità, dove i ricordi del passato
portano nuova energia al presente, a scene di violenza inaudita.
Quando Bok-nam sospetta il marito di violentare la figlioletta, tenta
di scappare dall'isola assieme a lei ma il marito se ne accorge e
riempie di botte entrambe. Così tanto da uccidere la bambina e da
lasciare moribonda la moglie. A quel punto, dopo l'ennesimo sopruso
psicologico, Bok-nam decide di vendicarsi eliminando tutti gli
artefici della sua sofferenza.
Bisogna ammettere che i coreani in
fatto di fotografia e compostezza delle immagini nonchè sulla scelta
delle inquadrature continuano a fare passi da gigante.
L'opera prima dell'assistente alla
regia di Kim Ki-duk parte davvero molto bene inquadrando Seul con
tutti i suoi limiti e difetti, un microcosmo in fondo alla deriva,
per poi spostarsi su un'isola affascinante e già da subito
inquietante.
E'un film di opposti.
Vendetta/Remissione, Città/Campagna,
Paura/Audacia, quello in cui ancora una volta ad esplodere forte e
senza effetti melensi, è il tema abusato ma che fa sempre presa: la
vendetta.
Un'ingiustizia atavica quella che si
nasconde nel maschilismo patriarcale della società coreana dentro e
fuori le città, sparsa in tutti i luoghi rurali e guidato da
tremende leggi arcaiche.
Se la prima parte esplora e indaga i
soprusi quotidiani e mischia diversi target generazionali per
sottolinerare la normalità di alcuni assurdi, è la seconda parte
che purtroppo si trasforma in un crudo e grezzo revenge movie
femminista, cosparso di sangue e nel climax finale di alcuni buchi di
sceneggiatura esplodendo in un piccolo vuoto che davvero, amando il
genere, non mi aspettavo.
Il film di Chul-soo Jang è un profondo
incubo, psicologico prima e fisico dopo.
Quello psicologico però affascina, è
dichiaratamente debitore di Ki-duk su alcune scelte e particolarità,
è intenso, violento, ma allo stesso tempo necessario per cercare le
cause attraverso cui tutto sembra ricadere su Bok-nam, un'isola
prigione che rende estremo ogni rapporto umano e in cui gli stupri e
la pedofilia non vengono condannati ma accettate come pratiche
comuni.
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