Titolo: Sin City-Una donna per cui
uccidere
Regia: Robert Rodriguez
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Al KadiÈs Bar di Sin City si
incrociano le strade di sei personaggi assetati di vendetta. Un
giovane e presuntuoso giocatore d’azzardo, Johnny, sfida e
sconfigge più volte il perfido Senatore Roark suscitando la sua ira
e le sue minacce. La bella Nancy – la cui vita è precipitata nel
baratro dopo la morte dell’amato Hartigan – al KadiÈs Bar
fa la spogliarellista e proprio su quel palco matura il desiderio di
vendicare il suo uomo con l’aiuto di Marv. Ma soprattutto per
Dwight il bar della “città del peccato” ha un grande
significato: dopo anni, rivede lì Ava, la femme fatale per cui aveva
perso la testa e il cuore. Pentita per averlo fatto soffrire, Ava gli
chiede aiuto per liberarsi dai soprusi del marito milionario. Ma è
davvero una donna per cui uccidere?
Da tanto buon materiale ci si aspetta un
cine-fumetto cult, come il primo capitolo aveva saputo fare.
Purtroppo non è andata assolutamente
così.
Dopo un'attesa estenuante durata 10
anni, Miller e Rodriguez tornano alla ribalta, purtroppo però
mancando quasi tutti gli obbiettivi che "A dame to die for"
si aspettava di rispettare ed eguagliare.
Il tasso di violenza, minore che nel
precedente, i guizzi fotografici e lo stile tecnico, minori del
precedente, il cast, sfruttato in modo minore che nel precedente e
infine l'azione, minore che nel precedente.
M&R portano portano sul grande
schermo due storie originali prese dalla graphic novel e due
completamente scritte per il film, che se da un lato avevano delle
buone intuizioni, bruciano troppo velocemente le tappe rivelandosi
frettolose e senza particolari colpi di scena.
I piani temporali poi hanno dei buchi
e degli errori che sinceramente non mi aspettavo.
La storia di Marv è un sequel ma si
incrocia con quella di Dwight che invece precede quanto visto nel
primo Sin City e ancora ritorna a scontrarsi con quella di Nancy,
anch’essa un sequel della pellicola precedente (una cosa del tutto
impossibile visto che Marv era già stato giustiziato in Quel
bastardo giallo).
Un clamoroso pasticcio che finisce per
confondere lo spettatore e rovina gran parte del piano narrativo del
film. Senza contare poi i difetti individuabili proprio nella scelta
di sostituire le didascalie su carta con la onnipresente voce
narrante che rischia a lungo andare di stancare lo spettatore
Un secondo film che ha evidentemente
sofferto i numerosi rinvii e le difficoltà nella stesura dei vari
script e che purtroppo sancisce una brutto limite che nonostante
tutti i problemi non ci si aspettava.
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