Titolo: Black Sea
Regia: Kevin Macdonald
Anno: 2015
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5
Il capitano di sommergibili Robinson,
con un divorzio alle spalle e un figlio adolescente con cui non ha
quasi alcun rapporto, viene licenziato dalla sua società di recupero
relitti. Robinson decide di riscattarsi con un'impresa straordinaria:
recuperare l'immenso carico d'oro contenuto in un sommergibile
tedesco che giace sul fondo del Mar Nero dal 1941. A bordo di un
sottomarino di fortuna e a capo di un equipaggio poco addestrato, il
capitano parte per un'avventura che si rivelerà ancora più
pericolosa del previsto.
Kevin Macdonald è uno di quei registi
anomali che passano da film interessantissimi (ULTIMO RE DI SCOZIA,
MARLEY) a esperimenti decisamente discutibili (HOW I LIVE NOW, STATE
OF PLAY).
Black Sea parla di nuovo di nazismo,
eppure è solo uno spunto per raccontare di come i lingotti d'oro e
la claustrofobia possano far deragliare una crew di persone
ipoteticamente unite da un obbiettivo comune: il dio danaro.
Contando che sono tutti nella stessa
rete, intrappolati dall'economia globale, escludendo alcuni membri,
il tesoro da spartire aumenta vertiginosamente e se nell'equipaggio
inserisci uno psicopatico come Freezer (un sempre inquietante Ben
Mendelsohn) allora l'equazione è fatta. Sceneggiato da un talentuoso
individuo di nome Dennis Kelly (UTOPIA), il film è capitanatato da
Jude Law, un leader perfetto capace di restituire tutta la sua
spietatezza con delle semplici occhiate.
Purtroppo però Black Sea, convince di
meno proprio immergendosi nelle acque del Mar Nero.
Le scene del sottomarino vacillano,
essendo tutte in digitale, dal secondo tempo in avanti, soprattutto a
causa di alcune scelte azzardate e poco convincenti, mentre invece
poteva cogliere di più gli aspetti legati al colpo di scena della
società di soccorso marino e soprattutto caratterizzare di più
alcuni personaggi.
L'impressione generale è di un film
sconnesso. Quando porta a casa alcuni momenti davvero interessanti,
perde lo smalto con altre scene davvero ai limiti della sopportazione
(il rapporto Robinson con il giovane diciannovenne).
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