Titolo: Upstream Color
Regia: Shane Carruth
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Un uomo e una donna sono legati l'uno all'altra, intrappolati nel ciclo di vita di un organismo senza età. L'identità diventa un'illusione, quando si battono per ricomporre frammenti di vite distrutte.
Upstream Color è un film complesso, scomodo e ambizioso, girato e scritto da un autore che sembra avere un'inclinazione personale a rendere ancora più difficili i suoi script e da cui cerca sempre di uscirne vincitore scommettendo e portando all'esagerazione alcuni estremi.
Partendo dal suo autore Carruth che si è occupato davvero di tutto nel film: regia, recitazione (nella parte del coprotagonista Jeff), musiche , montaggio, fotografia e ha fatto pure l'operatore di macchina, fino al suo film d'esordio PRIMER film riuscito e al contempo un concentrato di tematiche complesse e legato ai viaggi spazio tempo.
Il secondo lungo appare come "art sci-fi" definita da qualcuno, una riflessione, una scatola cinese che porta a numerose interpretazioni, tutte in un qualche modo rese ancora più complesse da un montaggio e un manierismo quasi labirintico.
Molti lo bolleranno come l'ennesima pretenziosa pellicola pseudo-autoriale, altri saranno rapiti da un concept tanto assurdo quanto affascinante che ha sicuramente delle cadute di stile e dei momenti leggermente anomali, ma che proprio nella sua cosmogonia di generi diventa imperdibile, affascinante e fastidioso a tutti gli effetti.
Forse neanche guadandolo una seconda volta come per MEMENTO si capiranno tutti i tasselli e forse non è nemmeno detto che tutto sia stato chiaro fin dall'inizio per Carruth, ma il risultato piace.
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