Regia: Terry George
Anno: 2004
Paese: Canada, Gran Bretagna, Italia, Sudafrica
Giudizio: 3/5
Il racconto del film Hotel Rwanda si svolge nel contesto del genocidio ruandese nel quale gli Hutu sterminarono brutalmente una parte rilevante della popolazione Tutsi. L'Hôtel des Mille Collines di Kigali, capitale del Ruanda, fu trasformato dal direttore Paul Rusesabagina in un luogo di rifugio per oltre 1200 Tutsi e Hutu delle rispettive fazioni moderate.
Il film vuole rendere lo spettatore partecipe del modello di vita di un paese africano, narrando la storia di Paul Rusesabagina, di etnia Hutu, e della moglie, di etnia Tutsi.
In circa cento giorni, in Ruanda vennero uccise quasi un milione di persone.
Nelle strade della capitale, Kigali, scorrevano fiumi di sangue, ma nessuno andò ad aiutarli.
Nessun intervento internazionale, nessuna spedizione, nessuna “coalizione di volonterosi”, né aiuti internazionali. Gli estremisti di etnia Hutu hanno massacrato non solo i loro vicini di etnia Tutsi, ma anche gli Hutu moderati che incontravano sulla loro strada, e il mondo li ha lasciati fare.
Hotel Rwanda rimane quell'opportunità mancata.
Quell'analisi e quella critica ai caschi blu, alle Nazioni Unite e ad un certo tipo di politica imperialista europea che nei belgi trova i rapinatori culturali che hanno distrutto la psiche di un popolo, portandoli ad una battaglia spaventosa e sanguinaria.
Un film che tratta un tema come quello di un genocidio così cruento e così attuale dovrebbe porsi alcune domande di ragionevole dubbio, e l'analisi e la critica di George, emerge solo in alcuni frasi del giornalista o il capo dei caschi blu. (La gente dirà: "Oh mio dio!" E continuerà a mangiare)
Il limite forte è quello di non approfondire alcuni temi lasciandoli in sordina, apre e chiude come delle parentesi troppo piccole, alcuni personaggi e disperde alcune coraggiose note dolenti che avrebbero giovato di più ad un riscatto per il coraggioso racconto e testimonianza di Paul Rusesabagina. Ne esce un film che ha il pregio di mostrare un genocidio ribattezzato di serie "z" nel senso che non se ne quasi mai parlato. Ed è proprio lì che poteva e forse doveva concentrarsi la polemica, che invece diventa solo un monito per la coscienza degli spettatori.
Il film vuole rendere lo spettatore partecipe del modello di vita di un paese africano, narrando la storia di Paul Rusesabagina, di etnia Hutu, e della moglie, di etnia Tutsi.
In circa cento giorni, in Ruanda vennero uccise quasi un milione di persone.
Nelle strade della capitale, Kigali, scorrevano fiumi di sangue, ma nessuno andò ad aiutarli.
Nessun intervento internazionale, nessuna spedizione, nessuna “coalizione di volonterosi”, né aiuti internazionali. Gli estremisti di etnia Hutu hanno massacrato non solo i loro vicini di etnia Tutsi, ma anche gli Hutu moderati che incontravano sulla loro strada, e il mondo li ha lasciati fare.
Hotel Rwanda rimane quell'opportunità mancata.
Quell'analisi e quella critica ai caschi blu, alle Nazioni Unite e ad un certo tipo di politica imperialista europea che nei belgi trova i rapinatori culturali che hanno distrutto la psiche di un popolo, portandoli ad una battaglia spaventosa e sanguinaria.
Un film che tratta un tema come quello di un genocidio così cruento e così attuale dovrebbe porsi alcune domande di ragionevole dubbio, e l'analisi e la critica di George, emerge solo in alcuni frasi del giornalista o il capo dei caschi blu. (La gente dirà: "Oh mio dio!" E continuerà a mangiare)
Il limite forte è quello di non approfondire alcuni temi lasciandoli in sordina, apre e chiude come delle parentesi troppo piccole, alcuni personaggi e disperde alcune coraggiose note dolenti che avrebbero giovato di più ad un riscatto per il coraggioso racconto e testimonianza di Paul Rusesabagina. Ne esce un film che ha il pregio di mostrare un genocidio ribattezzato di serie "z" nel senso che non se ne quasi mai parlato. Ed è proprio lì che poteva e forse doveva concentrarsi la polemica, che invece diventa solo un monito per la coscienza degli spettatori.
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