Regia: Paolo Virzì
Anno: 2014
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
In un paesotto della Brianza che finisce in "ate", eretto alle pendici di una collina una volta incredibilmente boscosa, un cameriere da catering neanche più giovane torna a casa a notte fonda con la sua bicicletta, chiuso tra il gelido freddo di una curva cieca e il sopravanzare spavaldo e sparato di un Suv che lo schiaccia lasciandolo agonizzante, vittima predestinata di un pirata anonimo. Il giorno dopo, la vita di due famiglie diversamente dislocate nella scala sociale brianzola viene toccata da questo evento notturno in un lento affiorare di indizi e dettagli che sembrano coinvolgere il rampollo di quella più ricca, assisa nella villa che sovrasta il paese, e la figlia dell'altra, piccolo borghese con aspirazioni di ribalta.
Il Capitale Umano è il film più ambizioso, maturo, intenso e attuale del regista livornese.
Liberamente tratto dal thriller di Stephen Amidon, ambientato nel Conneticut, con l'aiuto di Francesco Piccolo e Francesco Bruni, Virzì cambia tutto, sposta location e intenti, ambizione e humor nero per passare ad analizzare una bella sintesi attuale su uno dei tanti cuori neri del nord.
E lo fa raccontando un paese ormai arrivato alla frutta, divorato da dentro, dai suoi stessi abitanti a loro volta divorati dalle ossessioni e nevrosi tipiche dei nostri tempi .
Allo stesso tempo cerca l'umanità in ognuno di essi senza stare a fare divisioni ma mostrando tutti nella loro vera forma, quindi sfuggendo (obbiettivo che centra pienamente) buoni e cattivi con cui far identificare un pubblico.
Persone e personaggi che, come fa giustamente notare la battuta madre del film, “hanno scommesso sulla rovina di questo Paese. E hanno vinto”.
Una radiografia in cui il denaro e il profitto rappresentano il solo incontrastato parametro valutativo di persone e cose, come evidenzia perfettamente il titolo.
Quello che mi viene da pensare e che questo regista abbia deciso di dare una svolta, forse perchè imbarazzato e deluso, oltre che amareggiato, proprio dalla dalla battuta madre del film e oggi quadro emblematico del nostro paese.
Vien da dire "Ora la commedia è finita" e speriamo valga soprattutto per il nostro paese.
Il Capitale Umano è il film più ambizioso, maturo, intenso e attuale del regista livornese.
Liberamente tratto dal thriller di Stephen Amidon, ambientato nel Conneticut, con l'aiuto di Francesco Piccolo e Francesco Bruni, Virzì cambia tutto, sposta location e intenti, ambizione e humor nero per passare ad analizzare una bella sintesi attuale su uno dei tanti cuori neri del nord.
E lo fa raccontando un paese ormai arrivato alla frutta, divorato da dentro, dai suoi stessi abitanti a loro volta divorati dalle ossessioni e nevrosi tipiche dei nostri tempi .
Allo stesso tempo cerca l'umanità in ognuno di essi senza stare a fare divisioni ma mostrando tutti nella loro vera forma, quindi sfuggendo (obbiettivo che centra pienamente) buoni e cattivi con cui far identificare un pubblico.
Persone e personaggi che, come fa giustamente notare la battuta madre del film, “hanno scommesso sulla rovina di questo Paese. E hanno vinto”.
Una radiografia in cui il denaro e il profitto rappresentano il solo incontrastato parametro valutativo di persone e cose, come evidenzia perfettamente il titolo.
Quello che mi viene da pensare e che questo regista abbia deciso di dare una svolta, forse perchè imbarazzato e deluso, oltre che amareggiato, proprio dalla dalla battuta madre del film e oggi quadro emblematico del nostro paese.
Vien da dire "Ora la commedia è finita" e speriamo valga soprattutto per il nostro paese.
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