Titolo: Mia Classe
Regia: Daniele Gaglianone
Anno: 2013
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
Un attore impersona un maestro che dà lezioni a una classe di stranieri che mettono in scena se stessi. Sono extracomunitari che vogliono imparare l'italiano, per avere il permesso di soggiorno, per integrarsi, per vivere in Italia. Arrivano da diversi luoghi del mondo e ciascuno porta in classe il proprio mondo. Ma durante le riprese accade un fatto per cui la realtà prende il sopravvento. Il regista dà lo "stop", ma l'intera troupe entra in campo: ora tutti diventano attori di un'unica vera storia, in un unico film di "vera finzione":La mia classe.
Forse mi sfugge qualcosa nelle intenzioni dell'ultimo film di Gaglianone.
Il tema dell'integrazione dei cosiddetti extra-comunitari è un tema importante e più che mai bisogna investire su questa tematica cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica.
Gli elementi che non mi sono piaciuti sono quelli anestetizzanti: commuovere e intenerire mostrando i primi piani con le drammatiche storie dei protagonisti, non mi è piaciuta come scelta e ho una strana allergia quando vedo i film italiani arenati su questo scoglio, in un continuum di consenso e pathos.
Lo stesso ruolo del professore che sembra interessarsi ai loro destini, quasi coprendo il loro segreto, per poi non essere del tutto chiaro, nei passaggi successivi, non mi è piaciuto. Per ecrti versi il suo impegno sociale non viene appurato al meglio soprattutto nella seconda parte del film in cui indugia più tra sguardi e silenzi lasciando alla troupe la parola.
Dare un'impressione generale che nessun italiano conosca un permesso di soggiorno e come se non bastasse, viene passato da attore a regista, per rendere plateale questa farsa, non mi è piaciuto.
La mia classe se pure parte con uno spirito sociale e ammirevole, per la storia e il soggetto, che a modo suo rimangono comunque originali, non riesce nell'obbiettivo di essere un lavoro ben svolto di natura finzionale.
La scena dell'alunno che deve essere rimpatriato e che non vuole andarsene dalla classe, facendo una sorta di mobbing politico, cercando ausilio con i compagni, è davvero macchinosa, soprattutto se interviene la troupe con delle improvvisazioni davvero al limite dell'amatorialità
Cercare di criticare il perbenismo di una società civile, sempre più lontana dai problemi reali dei cittadini, non è un tema che il film tratta direttamente, ma la troupe e i carabinieri (la scena finale speravo se la risparmiassero) sono i testimoni di tutto l'opposto di quello che potrebbe essere un capitale umano, restando solamente una manciata di bei discorsi sui diritti umani.
A questo punto la domanda che mi faccio è la seguente: forse il merito o il limite più grosso dell'ultimo film di Gaglianone è proprio quello di aver provato a fare un film, in cui di quello che si parla nel film, il regista sapeva che non sarebbe stato possibile girarlo poichè mancava un ordine del discorso adeguato a quel progetto?
Nel suo non chiudere e non concludere, in questa forza centrifuga, Gaglianone recupera una possibilità estrema d’impegno che riassume così “io posso arrivare fino e qui, e fino a qui è la solita merda della borghesia e dei modi in cui prova ad adone stare la sua attività di sfruttamento febbrile, il resto non spetta a me”.
Con tutti i limiti, si apprezza il coraggio!
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