Titolo: Ain't them bodies saint
Regia: David Lowery
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Nella storia, ambientata negli anni Settanta, un bandito evade di prigione e attraversa il Texas per tornare da sua moglie e sua figlia: il suo passato però lo insegue.
Amo sempre di più i festival e le piccole distribuzioni, i film in lingua originale e amo più di tutto il Texas. Questo film come molti altri in questo perdiodo, segnano una fase di rinascita americana nel campo indi, basta pensare a quanti film ultimamente fuggono dalla società, scegliendo location in mezzo alla natura o al nulla e fondendo gli elementi, preferendo la fuga dalla realtà.
Alla sua opera prima, Lowery, sceglie una storia drammatica molto intensa che seppur apre degli spiragli di redenzione, non può di fatto staccarsi dal suo ineffabile destino e dalla sua inesorabile anima drammatica. Tutto è scandito al meglio, fotografia, location sporche e rozze come i protagonisti, personaggi che sembrano dei bifolchi senza una direzione ma rimandendo intrappolati dentro le loro debolezze.
Perfetti da questo punto di vista gli attori, con un convincente Casey Affleck che dimostra di essere sempre più bravo e angosciato, soprattutto sembra scegliere dei ruoli davvero interessanti e quasi mai commerciali. Il solito Foster che finalmente si slaccia dallo stereotipo del sociopatico e la sofferta Mara, senza poi dimenticare il buon vecchio Carradine. Sembra per alcuni aspetti un capovolgimento della favola di McCarty, Il Buio Fuori, in questa sua lunga marcia per ritrovare una parte di se stessi.
Presentato al Sundance e a Cannes, "Non sono stinchi di santo" la traduzione del titolo raccoglie il patrimonio immaginifico più bello di tanti registi e lo convoglia in un'ambientazione western epica "malickiana" ma anche "fordista" e con l'eco contemporaneo a registi come Dominik e compagnia varia. Lowery dunque punta pure lui molto sulle location, annullando la dimensione temporale ed entrando nella galleria di quei film indi americani, che potrebbero essere dei primi del novecento come del 2014 e nessuno se ne accorge, basta spostarsi in qualche bosco, palude,foresta e perdiamo tutte le coordinate temporali.
Un ritratto pastorale e quasi silenzioso di due bambini che sopravvivono tra i boschi, un dramma intenso, crepuscolare, senza tempo e senza spazio ai buoni sentimenti.
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