giovedì 17 gennaio 2013

Cogan

Titolo: Cogan
Regia: Andrew Dominik
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Tre ragazzi sbandati, che credono di essere in gamba, compiono una rapina a una partita di poker protetta dalla mafia, provocando il collasso dell'economia criminale locale. Brad Pitt interpreta il ruolo di un sicario professionista ingaggiato per rintracciare gli autori della rapina e riportare l'ordine.

"Io vivo in America e in America sei solo"
Diciamo che già solamente il monologo finale di Brad Pitt vale da solo la visione dell’ultimo intenso film di Dominik, regista tra i migliori in circolazione, un vero autore dopo i bellissimi CHOPPER e L’ASSASSINIO DI JESSE JAMES PER MANO DEL CODARDO ROBERT FORD.
Una critica al patriottismo, alla stessa falsa e ingenua idea di democrazia, a un presidente uguale a tutti gli altri. Questo è Cogan.
Tratto dal romanzo noir Cogan's Trade di George V. Higgins, Dominik sembra aver trovato il suo attore feticcio, un Pitt in gran forma, riuscendo nel compito non semplice di dare forma e realisticità a una storia tutt’altro che semplice. Fondamentalmente la storia è banalissima ma è il contorno che si dipana attorno al film a renderlo la perla immortale che è.
L'economia è in crisi, tutta l'economia, anche quella mafiosa, quindi i piani alti danno ordini ben precisi su cosa dover fare e in che modo. Cogan è il sostituto del killer scelto dalla mafia, notare come il sostituto e i sostituti prendono una connotazione molto importante nel film che non ha convinto la critica e il pubblico ma che secondo me è necessario nella sua funzione storica e nei suoi imperdibili dialoghi rimasti anch’essi molto fedeli alla vicenda svolta. La crisi mafiosa poi che non può permettersi costi aggiuntivi facendo svolgere all’amministratore di turno tutte i problemi gestionali è azzeccatissima.
Le voci di fondo, la radio, la campagna elettorale in tv, tutto nel film di Dominik richiede pazienza e voglia di poterlo analizzare nel modo migliore, sapendoselo gustare nel modo giusto, cercando spazio per far convergere tutti gli elementi e dare anche una certa e permanente visione cinica su un paese che non riesce a essere onesto con se stesso.
Grandi interpreti tra cui un Gandolfini su cui non starò a fare spoiler, un Liotta sempre convincente, un Mendelsohn allucinato e un Jenkins in un ruolo assolutamente suo.

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