Titolo: Beasts of the Southern Wild
Regia: Benh Zeitlin
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Hushpuppy è un'intrepida bambina di sei anni che vive con il padre Wink in una comunità ai margini del mondo. Quando Wink contrae una misteriosa malattia, la natura impazzisce: la temperatura aumenta, le calotte di ghiaccio si sciolgono, arriva un esercito di creature preistoriche chiamate "auroch". Con le acque in aumento, l'arrivo degli auroch, e il peggioramento della salute di Wink, Hushpuppy decide di andare alla ricerca della madre perduta.
Presentato in concorso al Sundance Film Festival 2012, il film è il primo lungometraggio di Benh Zeitlin.
Ci sono diversi elementi nel primo film di Zeitlin che meritano un’analisi molto meno superficiale di numerosissimi film che passano in sordina nel nostro paese. Assolutamente anti-commerciale e con venature eco-ambientaliste quanto antropologiche miste al folklore popolare e ad alcune associazioni fantasy, ci si trova davanti ad un film che fa della sua stranezza e del suo stile di regia, la principale boa per prepararsi al tornado che scuoterà, travolgerà e infine darà luogo ad un viaggio dell’eroe davvero insolito con protagonista una fantastica fanciulla.
Ancora una volta le sorti del destino del suo villaggio e della sua piccola bidonville portano Hushpuppy a farsi carico della sofferenza degli adulti, di un padre violento e alcolizzato quanto tenero e ammirevole nel cercare di far diventare la sua piccola sempre più forte e capace di essere autonoma nei duri giorni a venire. Una formazione davvero insolita che sbanda dai consueti generi commerciali del cinema cercando una sponda più autoriale come ad esempio capitava per il bellissimo TIDELAND.
Anche qui la piccola protagonista come anche per la Mononoke di Miyazaki troverà la consapevolezza tramite il suo rapporto con la terra che le permetterà di ristabilire un ordine dopo lo sconquassamento dovuto ad una catastrofe di epiche proporzioni da cui si apre la feroce critica allo scioglimento dei ghiacciai e come tutte le favole insegnano, la natura non si dimenticherà certo di punirci, chiamando gli Aurochs a fare piazza pulita.
Ed è così che il film si apre a tutte le diverse chiavi di lettura in cui la magia diventa il deterrente giusto per equilibrare tutti i livelli e dare vita ad una fantastica miscela di generi e sapori, conditi con una straordinaria protagonista di soli cinque anni che tiene in pugno le sorti dell’ecosistema.
Che dire dunque di un film che sta raccogliendo consensi ovunque venga proiettato. Girato in 16 mm e con attori non-professionisti (spesso questa scelta diventa la carta ideale per dare piena realisticità alla catarsi di chi meglio di molti altri affronta la sofferenza quotidianamente).
Gli abitanti e lo stesso quartiere di Buthtub (vasca da bagno) attraversano un universo che forse non ci è dato modo di comprendere per intero. Uno sguardo sulle abitudini sociali di un ambiente fedelmente ridotto all’osso, in cui non compare neanche un telefono e la stessa tecnologia non sembra far parte della realtà quotidiana. Si sopravvive con quello che si ha, stringendo i denti e cercando di andare avanti, senza cercare di dare un senso a quel senso ruvido di estraneazione che non dovrebbe far parte dell’immaginario di una giovane innocente.
Ancora una volta la dimostrazione di come il cinema non morirà mai. L’immaginazione e la fantasia continueranno sempre, anche se con tutte le dovute difficoltà, a prevalere sulla quantità inimmaginabile di merda a cui veniamo sottoposti abitualmente.
Come per tutte le cose bisogna saper scegliere e ancora una volta il Sundance risulta essere un ambiente di tutto rispetto nel cercare di sposare tecniche, storie, stili e nuove forme che rendono la settima arte uno dei vasi di pandora più importanti del nostro secolo.
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