Titolo: World Trade Center
Regia: Oliver Stone
Anno: 2006
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Giudizio: 2/5
La squadra di polizia capitanata dal sergente John McLoughlin, viene chiamata per soccorrere i superstiti di una delle Torri Gemelle.
Il primo atto è sicuramente il pezzo meglio curato in cui la squadra di polizia entra nella prima torre per salvare i superstiti. La squadra entra in azione senza sapere che in realtà sono due gli aerei dirottati sulle torri e non uno solo come sembrano credere.
Il secondo atto costituisce la tragedia che catapulta i due protagonisti in un oceano di detriti e sofferenze. Subito dopo protagonisti diventano le mogli dei poliziotti che sperano e piangono per quasi tutto il resto del film.
Apparizioni e flash-back coprono i buchi della sceneggiatura che appaiono evidenti sotto ogni aspetto. Solo che riescono a rendersi ridicoli come quella di Gesu’ che appare ad uno dei disgraziati perché, come ha espresso il superstite, voleva aiutarmi.
Patriottismo a fiumi in un film definito da Stone come assolutamente non politico.
Le icone a cui si è affidato il regista in questo “docudrama” che serve solo come pretesto per aizzare ancora di più le tensioni, sono l’america e la famiglia, unici emblemi di un paese sempre più senza una vera identità è capace solo di inglobare a sé parti di civiltà e tentare con la forza di annetterne altre.
Un film apparentemente strappalacrime che vuole dimostrare come in fondo i veri protagonisti di questa tragedia “voluta”sono le forze dell’ordine. I soli ed unici in grado di rappresentare la speranza. Marines votati alla causa che altro non possono fare che difendere la nazione dalle presunte minacce integraliste. Soldatini di ferro che possono guardare solo a testa alta perché non comprendono sentimenti ed emozioni nella loro rigida e assoluta freddezza.
Gli attori cercano di credere ad un progetto che andava cestinato fin dall’inizio che non riesce a comprendere come invece può fare un documentario, che la narrazione classica da manale hollywoodiano non andava assolutamente usata soprattutto come opera di “sensibilizzazione”.
Cage è nervosissimo e sembra chiedersi anche lui come abbia fatto a partecipare a questo progetto e forse la risposta più ovvia è la smania di fare più film possibili per delle major in cui i soldi valgono più della qualità del prodotto.
La Bello piange e crede nel marito. Stop.
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