Titolo: Schramm
Regia: Jorg Buttgereit
Anno: 1993
Paese: Germania
Giudizio: 4/5
Lothar Schramm sta imbiancando le mura
del suo appartamento imbrattate di sangue per un omicidio appena
compiuto, ma la scala sulla quale è salito cede e lo fa cadere.
Prima di esalare l’ultimo respiro rivivremo con lui gli ultimi
avvenimenti della sua vita malata e tormentata.
Schramm rappresenta per il gore un
certo traguardo (detta così sembra un paradosso).
Nelle cerchie dei film malati o
esageratamente estremi, che trasudano sofferenza e di una violenza
inaudita, il film dell'artista tedesco tocca dei vertici a cui film
di genere di questo tipo non sono mai arrivati. Slacciandosi dalla
sola equazione per cui il gore significa solo torture, splatter e
slasher, qui si compie a mio avviso in alcuni momenti un mezzo
miracolo parlando anche di sentimenti e descrivendo una mente deviata
un po come succedeva per Bad
Boy Bubby
e White
Lightnin
anche se in modi
completamente diversi dove anche qui in comune c'è quel rinchiudersi
nella follia pura.
Questo viaggio nella psiche criminale e
deviata porta Buttgereit a esplorare ancor più le paure e le fobie
di Lothar in un disagio angosciante e universale, inquadrato senza
fronzoli e tecniche particolari ma rimanendo fissi con la camera e
svuotando ogni forma di intrattenimento.
La scena in cui vede una vagina che lo
tormenta e lo angoscia, nella sua malattia e nella sua messa in scena
è profetica per mostrare quanto questo individuo voglia e tema allo
stesso tempo l'amore e la donna potendo rifugiarsi solo in una
masturbazione ossessiva e compulsiva.
Senza contare poi il suo complesso
rapporto con una prostituta che vive vicino a lui che vorrebbe
aiutare ma non sa in che modo, mostrando l'evidente limite e
risultando patetico e allo steso tempo inquietante prima di arrivare
al climax finale che non potrà che richiedere un tasso di violenza e
sangue esagerato.