Il malcapitato Marchese d’Urfè, dignitario della Corte del Re di Francia, in una notte cupa e tempestosa finisce ospite di una strana famiglia. In questa sua condizione dovrà giocoforza assistere ai riti e agli accadimenti che animano l’abitazione dei suoi ospiti. Scoprirà i Vourdalak, morti viventi assetati di sangue e condannati a masticare sempre.
Vourdalak è un'opera davvero
particolare, una sorta di fiaba drammatica in bilico tra realtà e
fantasia girata in 16 mm. Con una fotografia sontuosa, l'esordio di
Beau dopo due cortometraggi horror si avvale di una minimalismo
narrativo e d'impianto riuscendo a fuggire dai soliti stereotipi dei
film sui vampiri trattandola in maniera piuttosto originale.
Parte del successo va data alla
sceneggiatura e agli spunti narrativi presi da La famiglia del
Vurdalak. Tolstoj fu colui infatti che abbozzò la figura del Vampiro
reso poi canonico da Bram Stoker nel suo Dracula del 1897 che lo
immaginò come un aristocratico rinchiuso nel suo castello in
Transilvania. A Beau però colpì particolarmente l’approccio di
Tolstoj alla materia: «Come dimostra questo romanzo, il vampiro
originale era un contadino di classe inferiore. In letteratura
vampiri e zombi sono la stessa cosa. È il cinema che ha dato loro un
rango sociale diverso: gli zombi sono popolani, i vampiri
aristocratici. In The Vourdalak capovolgiamo la situazione. Seguiamo
un aristocratico che si ritrova tra contadini che guarda caso sono
vampiri».
Il film riesce con un'attenta fotografia a far sembrare sempre i suoi paesaggi come confusi con una sorta di nebbia e un'immersione totale nella natura in grado di affascinare e confondere.
Il film riesce con un'attenta fotografia a far sembrare sempre i suoi paesaggi come confusi con una sorta di nebbia e un'immersione totale nella natura in grado di affascinare e confondere.
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