Simone Segre è un chirurgo con una ferita aperta. Impossibile per lui ricucire. Da qualche parte nel suo background c'è un dolore che non passa e un padre ingombrante, sopravvissuto alla Shoah. L'omissione di soccorso alla vittima di un pirata della strada con la svastica tatuata sul petto, travolge la sua vita e lo conduce fino a Marica, una giovane donna, figlia della vittima. Per mettere a tacere il senso di colpa assume Marica come collaboratrice domestica e si scontra con suo fratello, giovane camerata che non vuole saperne di ebrei ed emigrati. Ma la vita fa giri imperscrutabili e li sposta dal loro centro.
L'esordio di Mancini devia da ogni facile sensazionalismo per un dramma profondo dove Gassman dimostra di essere un buon attore in grado di mettersi sulle spalle l'intero film. Ben supportato da un cast di giovani in erba, il film mostra uno spaccato di verità, lavora sull'impossibilità di perdonare l'imperdonabile, aumenta la posta in gioco senza però diventare mai stucchevole ( e poteva esserlo con la storia d'amore tra Simone e Marica). Ancora una volta il racconto di come abbracciare ideologie ormai che non portano più a nulla e accettare un credo che finisce in queste storie quasi sempre per ritorcersi contro. E' così questa rabbia incontrollata da più parti non può che portare ad un climax finale devo dire per nulla scontato e in fondo per certi versi verosimile.
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