Uno sperduto paese al limite del bosco, un rave, due giovani scomparsi, l'incubo di un mostro che torna dal passato. Indagano i carabinieri Meda, un uomo sconfitto dalla vita e Rio, il capitano inflessibile e rigoroso. Ma questa volta il mostro ha rapito la persona sbagliata.
Un'altra opera italiana passata decisamente in sordina. Ai confini del male è un film interessante con tanti pregi e qualche difetto. Recitato in maniera viscerale da un talento come quello di Edoardo Pesce, Cane Pazzo, agente ormai tenuto ai confini per una condotta indisciplinata e violenta e l'aver ucciso involontariamente la famiglia in un indicente stradale. Il classico protagonista da hard boiled di quelli tosti e massicci che agisce prima di pensare. Un film con un'atmosfera malsana di quelle sporche e nebulose, dove le fake news ritardano le investigazioni e mischiano realtà e congetture in un braccio di ferro serrato. L'indagine parte da un fatto di cronaca, un figlio scomparso e poi ritrovato. Alcuni cadaveri, altri corpi ancora nascosti, una lotta tra le classi sociali, tra il potere dello stato e tanta ma tanta corruzione come humus a inquinare la vicenda.
Il film di Alfieri prende tutto il
marcio che c'è dietro una piccola società con le sue regole, i suoi
outsider e i personaggi in ombra. L'Orco come serial killer
costruendoci attorno una mitologia e un passato che come sempre
incide sul presente e colloca le basi per un futuro con conseguenze
inattese e risultati perversi. Un noir atipico, un thriller
poliziesco di quelli in grado di non sfigurare oltreoceano e regalare
una vicenda che pur prendendo molto in prestito dalla cronaca
recente, strizza l'occhio ai gialli internazionali mantenendo
seriosità e coerenza narrativa.
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