Titolo: 22 Luglio
Regia: Paul Greengrass
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
La strage di Utoya avvenuta nel 2011
per mano del terrorista Anders Breivik, in cui morirono 69 giovani
tra i 14 e i 20 anni.
Greengrass è un mestierante
particolarmente preso sul serio nell'action americano.
Jason Bourne, Bourne Ultimatum, Captain Phillips-Attacco in mare aperto, erano film sempre in un qualche modo
inflazionati da una scrittura e una messa dove gli intenti e la
politica d'autore rimanevano in secondo piano, piazzando l'estetica e
la macchina da presa come unici punti di riferimento.
La strage di Utoya è una questione
complessa, un vero incubo a cui un paese come la Norvegia non avrebbe
mai potuto credere e che ancora oggi è una ferita aperta e un trauma
senza parole.
Lasciare dunque ad un americano che
accetta la sfida di Netflix di approfondire il dramma, di per sè era
già un'operazione discutibile e delicata. Il film dura due ore e
mezza, di cui i primi 24' sono legati alla strage vista dal punto di
vista di Breivik e una delle vittime. Il resto del film è tutto
sulla ricostruzione del processo, degli interrogatori, della
riabilitazione da parte delle vittime, dell'importanza degli affetti
e della famiglia in una comunità che non si arrende e infine con
accenni politici sparpagliati tra gruppi di estrema destra e
decisioni del primo ministro, un film corale con troppi rimandi
confusi.
La questione è che il film seppur
confezionato molto bene, assimila in maniera feroce il dramma
iniziale per poi sciogliersi su se stesso, diventando a tratti
addirittura patetico soprattutto nella descrizione della famiglia di
Viljar e il suo bisogno di "vendetta". Allo stesso tempo la
descrizione di Breivik quando viene arrestato, sembra quasi
involontariamente comico per quanto gli venga dato importanza e su
quanto la stessa opinione pubblica sembra aver paura chiedendosi se
veramente possa esserci un qualche disegno terroristico dietro.
Nessun commento:
Posta un commento