Titolo: Black Moon
Regia: Louis Malle
Anno: 1975
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
Alla guida della sua auto, Lily investe
un tasso, resta coinvolta in una guerra tra eserciti di sessi
opposti, avvista un unicorno e giunge a una fattoria. Qui incontra
una vecchia signora forse moribonda, convinta che le sue esperienze
siano frutto dell'immaginazione. Con qualche difficoltà, si
integrerà nella strana vita della casa.
Capita spesso che i più grandi registi
facciano delle incursioni in quello che potrebbe essere definito una
sorta di trip, un sogno allucinato, un'esperienza onirica, un viaggio
nel paese delle meraviglie.
Black Moon dalla sua ha alcune analogie
con due capolavori assoluti che sono CHE di Polanski, uscito nel '72,
e la CITTA'DELLE DONNE del'80 di Fellini.
Il background è assurdo quanto molto
interessante per creare gli intenti che l'opera ricerca nei suoi
continui rimandi filosofici e psicologici.
Una guerra tra i sessi dove a farne le
spese sono in particolar modo le donne, prese e fucilate tutte in
fila come nella peggiore delle esecuzioni che si possa immaginare.
Il perchè ci è sconosciuto ma Malle
porta subito Lily in questa villa abbandonata dal tempo, con un
unicorno parlante, la natura che vive, un gatto che suona il
pianoforte, bambini nudi che corrono dietro ad un maiale enorme e un
bicchiere di latte sempre pieno nel salone di casa.
Demolito dalla critica il film del noto
autore in realtà ha dei meriti singolari e si spinge attraverso una
metafora politica su un'amara e personalissima allegoria di come
pensiamo di essere visti all'interno di una comunità quando
scopriamo di non essere al centro dell'attenzione e che spesso e
volentieri le parole non hanno alcun significato ma le azioni e i
gesti hanno una grossa importanza.
Quando l'unicorno sentenzia a Lily di
essere cattiva perchè ha strappato dei fiori che altro non erano che
dei bambini, la stessa risponde all'unicorno dicendogli che lui deve
cibarsi proprio degli stessi.
Tra psicoanalisi, sogno e realtà,
visioni oniriche di cosa in realtà si crede e cosa no e una vecchia
malata che deve essere allattata dalle proprie figlie o presunte
tali.
Un film che seppur non perfetto è
affascianante sotto il piano visivo ed estetico fotografato
spendidamente e in grado di riassumere nella sua durata e nel fatto
che tutto il film a parte i primi dieci minuti è ambientato nella
villa, una satira sociopolitica forte e suggestiva dove i richiami
all'opera di Carrol sono evidenti ma non così importanti, mentre
invece lo sono a tutti quegli elementi legati all'esposizione
enigmatica dei fatti che si prestano a varie letture psicoanalitiche
ma soprattutto metaforiche per una favola senza morale, un incubo
tutto sommato tranquillo, finchè si rimane nell'aura magica della
villa e non si pensa che là fuori il mondo ha raggiunto ormai la
fine.
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