Titolo: Più grande sogno
Regia: Michele Vannucci
Anno: 2016
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
Mirko è appena uscito di prigione.
Alla soglia dei quarant'anni vuole ricominciare da capo, recuperando
il rapporto con la compagna Vittoria e le figlie Michelle e Crystel,
ma non è facile: se Vittoria e Crystel lo accolgono con fiducia,
Michelle lo guarda con diffidenza e ostilità. L'occasione per
rifarsi una vita sembra arrivare da un'improbabile candidatura:
Mirko, a suo modo popolare nella borgata degradata in cui vive, viene
eletto presidente del comitato di quartiere, e si appresta a cambiare
le circostanze non solo sue ma di tutti coloro che lo circondano. Ad
affiancarlo è l'amico di sempre, Boccione, prodotto dell'incuria e
dell'incultura del suo ambiente ma dotato di buon cuore e buone
intenzioni. Per entrambi il rischio del fallimento è dietro
l'angolo, come è vicino il pericolo di una ricaduta nel vecchio giro
di malaffare. Riuscirà Mirko a trovare la sua strada e a costruirsi
una nuova identità?
I viaggi di redenzione sono materiale
vasto e infinito. Di solito è un tema che appartiene ad una grossa
fetta del genere drammatico. In questo caso l'utilizzo fatto
all'interno del film e la buona catarsi dell'attore che interpreta se
stesso Mirko Frezza è stata una sfida interessante e rischiosa che
l'opera prima di Vannucci con difficoltà e momenti che faticano a
decollare riesce a dare credibilità e spessore ad una storia molto
popolare e populista, il tipico "borgata-movie".
Chiariamo subito: se non ci fosse stato
Alessandro Borghi che nel film ha un ruolo molto importante da
co-protagonista, il film avrebbe sicuramente patito una recitazione
non sempre in grado di dare pathos e enfasi a sufficienza nonostante
uno dei più grandi sforzi sia stato quello di superare gli
stereotipi di genere e renderlo passionale e appassionato.
Vannucci si concentra molto sul
linguaggio e il dialetto romano è iconico nel cercare di farci
comprendere il microcosmo e la sotto-cultura in cui vivono questi
borgatari in particolare il nostro ex-pregiudicato che ha passato tra
il suo quartiere e Regina Coeli, sempre diviso fra gli “impicci”
di casa e i castighi del carcere.
Dramma, pesanti rapporti familiari e
con la gente del quartiere, un passato che torna o che meglio non lo
ha mai abbandonato, della paura ha provare a fidarsi (non vuole
nemmeno mettere una firma quando viene eletto) una figlia che non
accetta che il padre durante la carcerazione non abbia voluto vederla
e infine una redenzione compromessa quando dall'altra parte il
tentativo di tornare a delinquere e dietro l'angolo.
L'idea buona del chi "ce sta a
provà" nonchè trasformare la realtà in fiction
semidocumentaria è buona, a tratti purtroppo ma speriamo che sia
solo una questione di tempo, la regia e soprattutto la ripresa
stilisticamente è abbastanza piatta, fatta quasi esclusivamente di
un'insistente mdp a spalla che cammina con i personaggi e si chiude
quasi sempre sulla faccia stralunata di Mirko.
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