Titolo: Mia vita da zucchina
Regia: Claude Barras
Anno: 2016
Paese: Svizzera
Giudizio: 4/5
Zucchino non è un ortaggio ma un
bambino (il cui vero nome era Icaro) che pensa di essersi ritrovato
solo al mondo quando muore sua madre. Non sa che incontrerà dei
nuovi amici nell'istituto per bambini abbandonati in cui viene
accolto da Simon, Ahmed, Jujube, Alice e Béatrice. Hanno tutti delle
storie di sofferenza alle spalle e possono essere sia scostanti che
teneri. C'è poi Camille che in lui suscita un'attenzione diversa. Se
si hanno dieci anni, degli amici e si scopre l'amore forse la vita
può presentarsi in modo diverso rispetto alle attese.
A volte il cinema d'animazione ci
insegna che i generi al suo interno sono sempre infiniti e veriegati
e che possono abbracciare tutti i target d'età senza lesinare sulle
storie drammatiche o i tortuosi viaggi di formazione.
In questo caso l'opera dello svizzero
Barras è un dramma malinconico che sembra omaggiare per certi versi
una certa filosofia Burtoniana e dall'altra restituire dei duri colpi
come macigni su temi sociali, il viaggio di formazione e
l'adolescenza come vaso di Pandora per tutti i guai e le scoperte che
si verificano in quella fascia d'età.
Il film inizia con un bambino che per
sbaglio uccide sua madre.
La recensione potrebbe finire qui ma il
film è così scaltro e Barras ha così tanto talento da vendere che
riesce a dipanare una storia con delle abili e funzionali location a
partire dalla casa ma soprattutto l'istituto con una visione
d'intenti davvero sorprendente per come riesce a giocare sui
sentimenti e farti commuovere in diverse scene senza esagerare con il
melodramma ma lasciandolo teso come una fune.
Sciamma al suo top nella scrittura, si
intrufola in un viaggio dell'orrore trovando con spirito
d'osservazione e una dovuta sensibilità nel genere il mix giusto tra
commozione e speranza che ci ricorda quanto sia intensa la sofferenza
di un bambino con un nucleo familiare devastato e devastante e la
rete sociale e l'amicizia tra chi condivide la stessa sofferenza
all'interno dell'istituto.
La mia vita da zucchina conferma
l'artigianato in tutta la sua forma. Tutto viene ridimensionato in
questa opera, tutto viene creato ad hoc e l'arte con cui viene
sviluppata questa storia e la voglia di crederci fa sì che ci
troviamo di nuovo di fronte ad un lavoro che si allontana dal marasma
generale delle grandi major che producono "cartoni animati"
in serie, con il solo scopo di incassare, svilendo il potere del
sogno e dell'impossibile nascosto dietro piccoli capolavori come
questo.
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