Titolo: Okja
Regia: Bong Joon-ho
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
"Il mondo sta esaurendo le sue
scorte di cibo, e nessuno ne parla"; è questa la premessa con
cui il CEO delle industrie Mirando, l'omonima Lucy annuncia al mondo
il suo progetto legato al creare dei maiali enormi che possono
sostentare famiglie in tutto il mondo. Un allevamento sostenibile,
effettuato in luoghi specifici del pianeta, in cui questa nuova
specie può crescere in natura e non in cattività. La Mirando però
non si ferma qui e propone, alla fine, un premio per il migliore
degli allevatori che riuscirà dopo dieci anni a crescere uno dei 26
esemplari nelle migliori condizioni possibili. Tra questi maiali c'è
anche Okja, data in affidamento ad una famiglia di contadini in Korea
e cresciuta con una bambina di nome Mija che fin dalla tenera età di
quattro anni l'ha amata, coccolata e cresciuta come una sorella. Mija
è un'anima pura, in contrapposizione a suo nonno che in Okja vede
solo un'opportunità di guadagno, un piccolo maialino d'oro pronto
solo per soddisfare la sua avidità. Sarà l'amore a spingere Mija a
tentare in tutti i modi di salvare la sua compagna di vita, in un
susseguirsi di difficoltà che riusciranno a mettere alla prova il
loro legame.
Lunga vita agli adoratori dei mostri.
Bong Joon-ho per chi non lo conoscesse
è una garanzia a tutti gli effetti. La sua filmografia per quanto il
regista sia giovane è già straordinaria e vanta già alcuni
indiscussi cult.
Praticamente sembra una scheggia
impazzita tra i generi e i suoi due ultimi film, tra cui questo, ne
sono l'esatta dimostrazione anche se il cinismo precedente qui sembra
sconvolto da un film geneticamente modificato che rilascia qualche
piccola perplessità su dove Hollywood voglia traghettare il talento
del regista.
Ambiente, sicurezza, grandi
corporation, multinazionali, complotti, ribelli animalisti, amore,
amicizia, pubblico lobotomizzato, etc. Praticamente le storie del
regista sud coreano sembrano sempre qualcosa di mastodontico e
colossale. Storie semplici ma di un impatto emotivo gigante.
Già dai primi minuti al di là del
discorso fantastico e politicamente post-contemporaneo di Lucy
capiamo subito dove il film andrà a parare e un istante dopo in una
natura meravigliosa scopriamo l'amore e l'amicizia tra Mija e Okja
con tutta la sua filosofia intimista. Sembra tutto perfetto e per
certi aspetti lo è pure. Poi avviene il "rapimento" e noi
per un attimo prendiamo atto di una cosa.
Crescere con un animale, amarlo e
nutrirlo, nonchè lavargli i denti e dormire assieme a lui diventa il
leitmotiv per cui Mija, straordinaria Ahn Seo-hyun, già un volto
indimenticabile dopo il bellissimo HOUSEMAID, appena scopre che il
nonno ha venduto Okja, si trasforma e diventa un'adulta che rivuole
ciò che è suo e che le è stato tolto senza nessun compromesso.
Detto così sembra banale e scontato ma
il carisma, gli intenti e gli ideali che l'autore inserisce nelle sue
opere e nei suoi personaggi sono di una trasparenza così naturale e
senza mai complesse forzature che le scene e i fatti avvengono in
modo disinvolto e con una coerenza e un senso magnetico
nell'attaccare tutto con un aderenza perfetta che capita di rado nel
cinema.
Soprattutto in queste mega produzioni
con Netflix in testa e un cast che dopo Snowpiercer
dimostra l'astuzia con cui l'autore
dirige un cast internazionale che vanta alcune memorabili
interpretazioni tra cui quella, forse leggermente esagerata ma
straordinaria, di Gyllenhaal che sembra far scomparire Raoul Duke e
senza dover stare a tessere le lodi di due veri mostri indiscussi
come Tilda Swinton (che non credo sia umana) e Paul Dano.
Questa nuova incursione nella
fantascienza e nel cinema di mostri è l'ennesima riprova che la
metafora può adattarsi a tutto e con scopi e intenti nobili che
condannano scandali agro-alimentari, che mostrano la presunzione e
l'arroganza dei magnati della bersagliata "Monsanto" (il
riferimento è palese) che tenta di eliminare la fame nel mondo
inventando un nuovo tipo di bestiame.
Ancora una volta Bong Joon-ho riesce in
un piccolo miracolo: umanizzare un mostro e trasformare gli umani in
mostri o in ridicole marionette. Detto così potrebbe sembrare
semplice ma la materia strutturata e messa in scena nel film e tanta,
l'azione decolla senza ricorrere ad una messa in scena confusa e
fracassona tenendo testa ad un virtuosismo sempre elegante, alcuni
momenti sono davvero commoventi come le idee visive straordinarie
mentre invece altri (come l'accoppiamento forzato tra le due
creature) fa davvero venire i brividi e da una scossa di rabbia che
non andrà via facilmente sapendo dunque dare risalto al lato
drammatico dell'intera vicenda.
Okja si adatta a tutti i tipi di target
ed è ancora una volta un universo di trovate e scene spettacolari.
Tuttavia rimane un passo indietro rispetto al dramma girato
all'interno del treno e della metafora distopica e post-apocalittica.
Però come qualcuno scriveva forse è il momento che il regista torni
a casa, in Corea, a realizzare dei film che gli corrispondano e gli
permettano di esprimere con maggior evidenza e meno vincoli il suo
immenso talento.
Okja è sincero, a volte banale ma
semplice e in alcuni parti complesso nel cercare di dare visibilità
e spessore a tutti i personaggi, nessuno dei quali viene messo da
parte.
Okja poteva diventare la metafora
perfetta per il panorama mediale contemporaneo, prendendo in giro
tutti e mostrando come tutti ma proprio tutti a parte Mija e Okja
giocano un ruolo da comparsa nel circo mediatico in cui viviamo.
Vince chi è se stesso.
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