Titolo: In nome di mia figlia
Regia: Vincent Garenq
Anno: 2016
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
Il 10 luglio 1982 André Bamberski
riceve una telefonata in cui la ex moglie gli comunica la morte della
figlia quattordicenne Kalinka.. La ragazza stava trascorrendo le
vacanze in Germania con la madre e il patrigno, il dottor Dieter
Krombach. In breve tempo, grazie anche a un referto autoptico che
lascia più di un dubbio, Bamberski si convince che il medico abbia
delle gravi responsabilità nel decesso. Da quel momento ha inizio
una battaglia che lo vedrà utilizzare tutti i mezzi, legali e non,
per dimostrare la sua tesi.
Il film di Garenq apre degli scorci
inquietanti sui fatti di cronaca, sulle sparizioni, sul senso di
giustizia e infine sul senso di colpa. E'drammatico leggere e
osservare la trafila giudiziaria, gli scandali e infine il bisogno di
comprendere la realtà qualunque essa sia da parte di un padre quando
chiede solo giustizia sulla morte della figlia scomparsa in
circostanze tragiche e misteriose.
Bamberski interpretato dall'ottimo
Auteuil scava a fondo nel suo personaggio mettendone in evidenza
difficoltà, dubbi e attimi di comprensibile pazzia, diventa il
testimonial perfetto per dare toni e realismo ad un fatto così
complesso. Se Andrè non molla, l'ex moglie gioca un ruolo
importantissimo in quanto madre che non può neanche lontanamente
pensare che il suo nuovo compagno si sia macchiato di un crimine così
grave.
Un caso straziante che sembra infinito
nella sua complessità burocratica fatta di fughe e salvataggi
all'ultimo e mostra la responsabilità di diversi paesi a dare asilo
politico ad alcuni carnefici che meritano di essere processati.
Un film di inseguimenti dove l'azione
semplicemente non serve perchè Garenq è abile a mostrare le falle
del sistema e della giustizia limitandosi semplicemente a descrivere
la realtà e schiaffarla in faccia ai suoi personaggi.
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