Titolo: Age of Conseguences
Regia: Jared P.Scott
Anno: 2016
Paese: Usa
Festival: Cinemambiente 20°
Giudizio: 2/5
ll documentario esplora come il
cambiamento climatico sia diventato inesorabilmente legato alla
nostra sicurezza nazionale, e di come il rapporto tra sconvolgimento
del clima e conflitti formeranno uno strumento che potrà plasmare il
mondo sociale, politico ed economico del secolo nel quale viviamo. I
documenti e le testimonianze riportate si traducono in un invito
all'azione e a ripensare il modo in cui utilizziamo e produciamo
energia. Con un concetto di fondo fondamentale: qualsiasi strategia
di difesa militare utilizzeremo, è il tempo la risorsa più
preziosa.
Jared P.Scott ha un solo merito finora. Al di là del suo innegabile patrimonio economico, tale da poter raggiungere vette inaspettate e devo dire esageratamente spettacolari (la fotografia a tratti sembra un film di Malick) e quello di aver girato qualche anno fa il bel documentario REQUIEM FOR THE AMERICAND DREAM, ovvero l'ultima lezione di Noam Chomsky ossia un pacato invito alla rivolta che dovrebbe essere trasmesso come una nenia ogni sera dopo il telegiornale per dare modo e tempo ai comuni mortali di comprendere le ragioni che stanno portando questa società al collasso.
Age of Conseguences crea un collante
facendo collegamenti di ogni tipo e ogni sorta muovendosi
praticamente in tutto il mondo. Questo nuovo modo di analizzare i
contenuti all'interno dei documentari nel festival di Cinemambiente,
diventa importante quanto rischia secondo me di allargare troppo il
problema e fare in modo che il tema non concentrandosi su una singola
situazione e quindi argomentandola a dovere, diventa difficile da
comprendere a pieno soprattutto quando come in questo caso si passa
dal Medio Oriente all'Africa e in altre aree trattando tempi, aree
geografiche ed eventi storici senza finalizzarne in modo preciso
nessuno ma diventando una sintesi che rischia di perdersi nella sua
continua fagocitazione di complessità sulle connessioni fra
cambiamento climatico e conflitti, migrazioni e terrorismo.
Sono d'accordo che l’emergenza
climatica è di sicuro l’elemento catalizzatore e acceleratore di
un effetto a cascata che unisce punti da un capo all’altro del
globo: dalla desertificazione di vasti territori in Nord Africa e
Medio Oriente ai fenomeni di siccità e carestia ma non sono
d'accordo o meglio non ho gradito la critica all'Isis in Medio
Oriente e sul fatto che per creare panico e instabilità prosciughino
e occupino tutte le aree dove ci sia dell'acqua per mettere in
ginocchio la popolazione. Detta così sembra una presa di posizione
più politica che di allarme legato all'ambiente. A questo proposito
Scott, credo non abbia fatto quel passo in più dicendo come si è
arrivati a questo e senza citare mai, o quasi, la responsabilità
dell'America e dei alcuni paesi europei (Inghilterra, Francia in
primis e i risultati si stanno vedendo...) di aver creato le basi per
il terrorismo mondiale in Darfur, in Somalia, in Siria e in
tantissime altre aree legate alla geografia di quei paesi. A dirlo
non sono, questa volta, le associazioni ambientaliste, ma i generali
del Pentagono, gli esperti di sicurezza internazionale, gli analisti
politici ed economici che frequentano le stanze del potere.
Il film è stato anticipato dal punto
di Luca Mercalli, ormai una pietra miliare e un abituè del festival,
un ometto divertente ed elegante che in un attimo riesce a portare il
termometro sulla realtà globale che ci circonda inondando il
pubblico in un'ora di slide, fiumi di parole e video inquietanti che
danno un quadro apocalittico sul nostro pianeta.
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