Titolo: Taboo-Season 1
Regia: Steven Knight
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Stagione: 1
Episodi: 8
Giudizio: 3/5
Taboo racconta la storia di James
Delaney, avventuriero inglese della prima metà dell’800 che, dopo
essere stato a lungo lontano da casa e essere stato dato per morto da
famiglia e amici, fa un gran ritorno sulle scene londinesi in
occasione della morte del padre. Il suo non è un ritorno da poco: la
sua comparsa manda infatti in fumo i piani di un bel po’ di gente
potente, in particolare dei capoccia della Compagnia delle Indie, che
aveva intenzione di mettere le mani su una striscia di terreno che la
famiglia Delaney possiede negli Stati Uniti. Non è questione di
speculazione: siamo nel 1814, Gran Bretagna e Stati Uniti sono in
guerra e quel terreno sarebbe particolarmente importante per i
commerci della compagnia. Da qui parte uno scontro a tutto campo tra
il rampollo dei Delaney e i biechi affaristi, perché il nostro eroe
non vuole vendere alla Compagnia il terreno. Uno scontro che è
innanzitutto commerciale, ma ha anche dei risvolti patriottici, visto
che c’è di mezzo una guerra. Durante la sua assenza da casa,
Delaney ha girato il mondo, dal Sudamerica all’Africa, imparando
riti e tradizioni antichissime e portando con sé un alone di
stregoneria che nei primi episodi viene giusto buttato lì, ma mai
espresso in maniera chiara.
Le serie tv di questi tempi sono tante.
Troppe direi.
Conviene non guardarne nessuna o
sceglierle maledettamente bene dal momento che sta uscendo
praticamente di tutto, in tutte le salse e toccando tutti i generi
cinematografici.
Sicuramente le brevi serie
auto conclusive sono tra le mie preferite per diversi motivi tra cui
in primis la lunghezza e poi la necessità di non dover tenere a
mente la trama di tutte le stagioni.
Taboo da questo punto di vista potrebbe
risultare la serie perfetta se non fosse che uno dei problemi più
grossi è una sceneggiatura scritta di fretta con tantissimi buoni
spunti ma di fatto con un senso di incompiutezza finale molto forte
ammesso che non esca una seconda stagione.
Taboo è breve, interessante, inglese,
concepita dal protagonista insieme con il padre Chips Hardy e
prodotta da Ridley Scott. Altri elementi sono l'ambientazione (una
Londra cupa, decadente, marcia e sull'orlo di un epidemia che ne
sancisca la morte nera quasi una purulenza continua stampata sulla
faccia di quasi tutti i personaggi). Gli attori e poi Hardy che con
una sola espressione tiene sulle spalle tutta la serie. Gli elementi
esoterici e magici (i poteri da stregone) e la storia che apre e
chiude sipari senza spesso analizzarne bene le fondamenta riesce comunque a
essere a suo modo sanguinaria nonchè complottista e parlando di un
argomento poco conosciuto nella cinematografia recente ovvero la
storia sanguinaria della Compagnia delle Indie.
In più narrativamente parlando la
serie attinge da Cuore di Tenebra e da il Conte di Montecristo.
Knight sembra muoversi quasi come
Pizzolato senza mai di fatto dirigere un episodio pur essendo il
regista ma lasciando il compito a Dane Kristoffer Nyholm e Anders
Engström.
Hardy in questa serie è una sorta di
deus ex machina è purtroppo nel bene e nel male ha dovuto fare i
conti con diverse vicende produttive tra cui ad esempio un buco nelle
finanze gigantesco.
Non si sa con precisione quanto sia
costata l'intera operazione, ma il tabloid britannico The Sun ha
riferito che l'attore avrebbe sborsato 10,4 milioni di sterline
(circa 12,7 milioni di euro), recuperandone appena 8, con un buco nel
proprio bilancio corrispondente a circa 2 milioni (2,4 milioni di
euro, più o meno).
Un critico ha scritto una frase
perfetta per definire la serie: "Facciamo una prova, togliamo
a Taboo tutti i tatuaggi, tutti i grugniti, tutte le cicatrici, tutti
i flashback e le sequenze oniriche. Togliamo cioè il coniglio dal
cilindro e guardiamoci dentro, cerchiamo il peso degli oggetti oltre
il trucco del prestigiatore: cosa resta?"
Delaney è un
personaggio molto interessante purtroppo esageratamente stilizzato in
modo da renderne ogni gesta qualcosa di iniziatico e profetico,
quando invece proprio il plot narrativo con la serie di domande e
misteri che lascia aperti cerca un assist finale in un climax che
peraltro non è neppure un colpo di scena ma l'unica strada
possibile.
Taboo vuole essere,
già dal nome, così misterioso, segreto, magico e strano, così
dannatamente meticoloso nella ricostruzione e nel dettaglio su ogni
singolo personaggio da farci dimenticare presto la storia peraltro in
un'antologia di episodi brevi.
Rimane visivamente
molto affascinante e l'unica delusione è solo nella scrittura dove
si poteva disegnare un intreccio più complesso e meno ramificato.
Nessun commento:
Posta un commento