Titolo: Seoul Station
Regia: Yeon Sang-Ho
Anno: 2016
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 3/5
Stazione centrale di Seul, dopo il
tramonto: vediamo un anziano senzatetto, uno dei tanti, divorarne un
altro. Presto le strade lì attorno si riempiono di folli come lui.
Hye-sun, una ragazza scappata di casa, rompe col fidanzato che la
obbligava a prostituirsi. Abbandonato lo scalcagnato motel dove
abitavano nei pressi della stazione rimane coinvolta come testimone
negli attacchi nei confronti di altre persone. Gli assaliti divengono
a loro volta assalitori, così che il loro numero aumenta
esponenzialmente. Il governo isola tutta l'area. La gente scappa, ma
non c'è nessun posto dove trovare rifugio...
Seoul Station è il prequel di Train to Busan ambientato nel centro di Seoul la sera prima degli eventi. Di entrambi, il regista è Sang-ho Yeon, autore principalmente di film d’animazione tra cui Kings of Pigs brutale dramma a tema politico che mostrava una società infantile violenta strutturata per classi sociali e sopravvivenza del più forte.
A differenza del successivo
lungometraggio qui la vicenda si concentra su due storie principali e
se vogliamo due prospettive diverse dove analizzare la vicenda.
La trama si svolge su due piani, uno
“privato” e uno “politico”: il piano “privato” riguarda
una ragazza che deve incontrare, nella Seoul invasa dagli zombie, il
fidanzato con cui ha litigato e il padre che non vede da anni; quello
“politico” riguarda la maniera in cui gli infetti cominciano a
diffondersi e la maniera con la quale polizia ed esercito intendono
risolvere il problema
Per tutta la durata del lungo l'azione
riesce ad essere in prima linea senza fare in modo che la storia e
alcuni dialoghi diventino troppo macchinosi come nella parte privata
di Hye-sun.
Le creature che ricordano e omaggiano
gli zombie della tradizione romeriana ma anche quella post
contemporanea di ultima generazione sono fatti in una c.g
soddisfacente anche se non siamo ai livelli dell'animazione
nipponica. Proprio i riferimenti a Romero sono i principali debitori
a partire dalla struttura e confezione. Anche in questo caso il
regista coreano punta su una nota d'intenti che in fondo rispecchia
senza troppa originalità contando che è la metafora sul genere il
concetto già abbondantemente veicolato da George Romero: il vero
pericolo non arriva dagli zombie, ma dagli uomini.
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