Titolo: Transfiguration
Regia: Michael O'Shea
Anno: 2016
Paese: Usa
Festival: TFF 34°
Sezione: After Hours
Giudizio: 4/5
Milo è un moderno vampiro con rimorsi
che lo bloccano e gli impediscono di dare sfogo ai propri istinti
senza limitarsi al minimo indispensabile. Solo e taciturno, troverà
il riscatto grazie ad una coetanea vicina di casa.
Cercare di essere originali su un tema
così ampiamente abusato non è facile.
O'Shea alla fine ci è riuscito senza
sensazionalismi estremi ma puntando su una storia complessa e
narrativamente struggente. Un film come pochi che in una sorta di
cinema di genere riesce a far quadrare molto bene il taglio sociale
con la natura horror della vicenda.
Milo, un vampiro atipico di colore, ha
una vita breve scandita dalla voglia e la curiosità di sbranare la
vita il più voracemente e velocemente possibile in uno stato d'animo
catatonico difficile da decifrare e un isolamento esistenziale
attuale e realistico di pari passo con il passato traumatico.
L'incontro con Sophie rappresenta la scoperta della sessualità, di
se stesso, del mondo attorno a lui. L'amore diventa il tornaconto per
tutti i mali e per la possibilità di riscattarsi dalle sue colpe e
dalle tensioni razziali che esplodono nell'ambiente decadente.
E' un horror post-contemporaneo urbano
e metropolitano. Un mix tra LASCIAMI ENTRARE e ADDICTION ricordando
per certi aspetti e vagamente LA CASA NERA e WAMPYR di Romero per il
taglio sociale al tema del vampirismo.
Con un finale amarissimo in cui la
vittima sacrificale sceglie il proprio destino cercando una
redenzione sua e di chi gli sta attorno e alcune potenti scene
d'effetto, Transfiguration continua come altri suoi contemporanei a
sviluppare il concetto del vampiro, conferendogli complessità.
Un film minimale girato con cura che
segue passo per passo un giovane protagonista davvero adatto nella
parte.
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