Titolo: Knight of Cups
Regia: Terrence Malick
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Rick è un uomo in crisi e in cerca di
senso. Sceneggiatore a Los Angeles, ha perduto il contatto con la
realtà e cerca la sua interpretazione nei tarocchi. Sospeso tra i
set di Hollywood e le strade di L.A., Rick passa da un party
all'altro e da una donna all'altra, provando a doppiare suo padre e a
contenere suo fratello. Risvegliato nel profondo da un terremoto e da
una voce ancestrale, insegue un dolore in Nancy e l'amore totale in
Elizabeth. In mezzo, letti e piscine in cui godere, soddisfare,
rivoltarsi e intorpidire. Davanti "la strada per l'oriente",
quella di una favola antica e di una perla che Rick ha finalmente
ricordato di cercare.
Knight of Cups è la riprova che Malick
come direttore della fotografia è eccezionale.
L'ultimo Malick rivela anche un eccesso
di estetica, in cui manca e si sente l'esigenza di un lavoro più
articolato in fase di scrittura.
Il pubblico che dalla sua vorrebbe
anche una storia, potrebbe storcere il naso pur rimanendo di fronte a
quadri di incantevole bellezza e visionarietà.
Knight of Cups potrebbe riassumersi
così: una fiaba contemporanea sotto acido a spasso per una Los
Angeles tra lusso ed eccessi.
Malick sembra che si stia domandando
dove orientare il suo cinema, facendolo però assieme allo
spettatore, quasi come se fosse in cerca di una donna con tatuato il
simbolo della fede o guardando il cielo in cerca di una risposta. In
effetti però di religioso e filosofico non c'è nulla nel film,
nemmeno di magico o qualcosa che accenni ad una presa di coscienza.
E'invece un percorso di fede che ci
porta in un'assorta galleria di personaggi a cercare con loro di
capire cosa stiano cercando.
Rick potrebbe, sotto questo punto di
vista, essere un angelo sceso dal cielo, alzando spesso lo sguardo,
mentre cerca di dare calore e gioia alla depressione in cui gravitano
gli esseri umani.
Rick inoltre è stramaledettamente
ricco e fa una vita da viziato passando da un eccesso all'altro come
un gigolò in cerca di attenzioni.
L'ultimo Malick dimostra una potenza
visionaria che rischia di esagerare senza trovare un confine ma
risultando a tratti estenuante ed eccessivo. Le carte dei tarocchi in
questo non aiutano così come l'ambizione sconfinata del regista.
Come opera d'arte e galleria di
immagini si supera ancora di più rispetto ai film precedenti, quasi
come esempio di un'altra forma di cinema in cui le parole potrebbero
quasi scomparire.
Infatti sono la voce narrante e i
dialoghi sconnessi rispetto alle immagini a fare da elemento
secondario quasi come se non avessero alcun peso e importanza,
risultando solo una piccola coordinata su cui indirizzare lo
spettatore.
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