Titolo: Hateful Eight
Regia: Quentin Tarantino
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Lungo i sentieri rocciosi del Wyoming,
una diligenza corre più forte del vento. Un vento che promette furia
e tempesta. Ultima corsa per Red Rock, la diligenza si arresta
davanti al Maggiore Marquis Warren, diligence stopper e cacciatore di
taglie nero che ha servito la causa dell'Unione. Ospitato con riserva
da John Ruth, bounty hunter che crede nella giustizia, meno negli
uomini, Warren lo rassicura sulle sue buone intenzioni. Il viaggio
riprende ma il caratteraccio di Daisy Domergue, canaglia in gonnella
condotta alla forca, lo interrompe di nuovo. La sosta imprevista
incontra e carica tra chiacchiere e scetticismo Chris Mannix, un
sudista rinnegato promosso sceriffo di Red Rock. Incalzati dal
blizzard, trovano rifugio nell'emporio di Minnie dove li attendono un
caffè caldo e quattro sconosciuti. Interrogati a turno dal
diffidente John Ruth probabilmente nessuno è chi dice di essere.
Tarantino rimarrà sempre un grande
regista, su questo non si discute.
Soffre a suo malgrado della sindrome di
Re Mida per cui tutto quello che tocca sembra trasformarsi sempre in
oro almeno per i suoi fan e larga parte della critica.
Il suo ultimo western, ormai un genere
rilanciatissimo soprattutto negli Usa, è indiscutibilmente
interessante anche se lascia aperti una serie di dubbi sulla morale,
sulla violenza brutale e su una deriva alquanto splatter che sembra
soprattutto nel finale, connotare il film e il climax finale sulla
Domergue.
Difficile non rimanere assorti da
alcune grandi interpretazioni, da una messa in scena curata ed
elegantemente sporca, ma si può certo strizzare un po il naso su
come venga raccontato ogni singolo dettaglio della storia, senza
lasciare al pubblico dei dubbi senza bisogno che tutto venga narrato
e palesato a dovere.
Il problema del film che rimane
comunque uno dei suoi ultimi film più importanti, non è quello
legato all'intreccio. La linearità di altre sue precedenti
sceneggiature è molto più semplice, mentre qui il lavoro è
strutturato sugli archetipi dietro ogni personaggio, senza di fatto
metterne mai nessuno su un piedistallo ma invece tutti alla berlina.
Anche se meno ovvio e immediato, per
fortuna rispetto al suo predecessore, ne perde anche alcuni valori,
puntando su un cinismo estremo e su una mancanza di valori tali per
cui la resa non può che finire in una brutale carneficina.
Soprattutto buttando cacciatori di
taglie, bounty hunter, canaglie, sudisti e sceriffi in un piccolo
emporio con fuori una bufera, altre strade, il pubblico intuisce
subito che non ci sono.
In 70mm con una colonna sonora
originale del nostro Morricone, supportato da un cast di afecionados
tarantiniani e tutto il resto, Hateful Eight è la versione sporca e
grezza di Django, un film che per alcuni aspetti può sembrare più
simile al suo esordio condividendo alcuni "colpi di
scena"importanti che avrebbero potuto avere la lode se non
venivano certo svelati prima.
Hateful Eight è di nuovo la
quintessenza dell'estetica, la riprova che Tarantino continuerà
sempre a fare ottimo cinema.
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