Titolo: Lost River
Regia: Ryan Gosling
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Bones vive con la madre Billy, vedova
squattrinata, e il fratellino in una casa fatiscente che sta per
essere riappropriata dalla banca locale. Il nuovo dirigente di
filiale propone a Billy di esibirsi in un locale sadomaso per
estinguere il suo debito e la donna accetta, contro il volere del
figlio maggiore. Il ragazzo ha anche altri problemi: il bullo locale,
che per non sbagliarsi si chiama Bully, lo cerca per fargliela
pagare, promettendogli una decapitazione sommaria. Infine la vicina
di casa di Bones, Rat, vive con una nonna ex star del cinema e alleva
un ratto (di qui il suo soprannome) come fosse un criceto. I destini
di tutti i personaggi sono ovviamente destinati ad incrociarsi, e gli
esiti saranno a volte tragici, a volte portatori di speranza.
E' vero. Il debutto alla regia di
Gosling è confuso, privo di una narrazione coerente con un ambizione
e un narcisismo degni dell'attore.
Eppure per certi versi questa
sconclusionatezza, questo pasticcio, che pervade tutta l'anima del
film, per certi versi è affascinante, grottesca e macabra.
Il merito non è del regista ma del
direttore della fotografia Benoit Debie, che ha lavorato, guarda a
caso, con Gaspar Noe e Harmony Korine e infatti il film oltre
omaggiare tanto cinema, anche il neogotico italiano, strizza l'occhio
proprio verso il southern e il cinema indie americano.
Il fatto di aver usato la pellicola e
con un attenzione maniacale per i fuochi e i cambi di colore e luce,
sembra una via di mezzo, nello stile ma anche nella messa in scena,
tra Refn e Lynch, anche se molto più lento e soporifero.
"La mia è una fiaba allucinata
per bambini" in una Detroit al macero, una città
post-industriale dove corruzione, bancarotta e auto abbandonate per
le strade accompagnano una famiglia e la sua lotta alla
sopravvivenza.
Ryan Gosling non è bravo. Si deve
accontentare di essere solo figo.
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