Titolo: Wer
Regia: William Brent Bell
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
La famiglia Porter, papà, mamma e
figlioletto, oltre al cane - viene brutalmente attaccata mentre campeggia di
notte, in Francia. Solo la mamma sopravvive, gravemente ferita, ma i suoi
ricordi sono frammentari. All'inizio si pensa all'attacco di qualche animale,
ma poi risulta evidente che si tratta di omicidio. Viene arrestato il rozzo e
disadattato Talan Gwynek, unico sospettato dei delitti. La giovane e rampante
avvocatessa Katherine Moore vuole dimostrarne l'innocenza. Talan è considerato
molto pericoloso: in prigione viene tenuto in catene e museruola. Al suo primo
colloquio, Katherine ottiene di fargliele togliere. Talan sembra sensibile a
tanta gentilezza e le chiede di aiutarlo. Il comportamento dei secondini e del
commissario Pistor, che si occupa del caso, è molto nervoso: si capisce che
temono il prigioniero. Dalla mamma di Talan, Katherine apprende che l'uomo
soffre di una strana malattia di famiglia, che l'ha reso sin da piccolo lo
zimbello del vicinato. Inoltre, ci sono delle mire sulla preziosa terra dove si
trova la fattoria di famiglia. È davvero Talan il colpevole o il mostro è un
altro?
Ok, diciamo che è vero, la filmografia di
genere sui vampiri, i licantropi e gli zombie, è ormai giunta quasi al
capolinea.
Quasi, perché poi ci sono alcune timide
scoperte indie e spesso low-budget, come questo caso, oppure autori che
riescono a trasformare alcuni clichè dandogli forza e innovatività.
Sarà l’approccio realistico, la strada
impervia che presenta un giallo, un’indagine e un punto di vista mass-mediatico
a infarcire la storia di elementi perlomeno poco abusati nel genere, per cui
l’ultimo film di Bell mi è sembrato che cercasse di sfuggire dai soliti
stereotipi.
Bell, dopo alcune prove diciamo sfortunate per
non dire che riconsolidavano alcuni stereotipi di genere, arriva al suo film
più difficile, più bizzarro ma anche più maturo, che disegna e riesce a trovare
l’elemento più interessante proprio nel rozzo e disadattato Gwynek.
Nella seconda parte il film diciamo che si
prende una estenuante boccata d’aria che lo porta ad essere leggermente
soporifero, forse dovuto al fatto della scelta relativa allo stile tecnico, in
questo caso il found-footage, che può essere un potenziale ma anche (come
capita sempre più spesso) un pericolo da cui è impossibile uscirne vincitori,
soprattutto quando come in questo caso il regista inserisce più volte frame e
immagini di repertorio
Wer nei suoi dichiarati limiti prende un’altra
strada, pur incappando in evidenti errori e coraggiosi tentativi di far
coincidere tutto, ma punta tutto su una diversa connotazione che viene data
alla licantropia, legata a disurbi medici, contaminazioni del sangue e cicli
lunari.
Nell’ultimo atto il film, elemento che è
attento a centellinare con parsimonia, esagera e mostra tutta la ferocia e la
rabbia di Talan che si sprigiona, in particolare, verso le forze dell’ordine.
Un esperimento anomalo per certi versi ma
interessante senza alcun dubbio.
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