Titolo: Nella casa
Regia: Francois Ozon
Anno: 2012
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
Il cinquantenne Germaine è professore di letteratura presso il Liceo Flaubert, in una cittadina francese. È un docente competente, ma è anche uno scrittore mancato perché carente di talento. Jeanne, sua moglie, gestisce una galleria di arte moderna. All'inizio dell'anno scolastico Germain viene favorevolmente impressionato dalla qualità dell'elaborato del sedicenne Claude, un bel ragazzo di umili origini, che sembra timido. Il testo, fluido e sottilmente sarcastico, racconta l'amicizia con Rapha, un compagno di classe che ha suscitato il suo interesse perché appartiene a una famiglia piccolo borghese, apparentemente "perfetta". Ciò che intriga Germain e Jeannem è la chiosa finale del tema: 'continua'. Affascinato dallo spirito di osservazione dello studente, Germain lo stimola a continuare a scrivere. Claude si insinua abilmente in seno alla famiglia del compagno, e diventa un habitué nella bella villetta. Quindi, settimanalmente, consegna a Germain le puntate di un'avvincente cronaca voyeuristica in cui descrive i dettagli "sorprendenti" di quel contesto. Dagli episodi narrati emergono i problemi lavorativi del padre di Rapha, un impiegato entusiasta della Cina e amante del basket, che pratica con il figlio, ma anche l'attrazione di Claude nei confronti di Esther, la madre dell'amico, una donna molto attraente, interessata unicamente alla decorazione di interni. I racconti di quella intimità "normale" appassionano Germain che sviluppa una stretta relazione con l'allievo che, a sua volta, ne è lusingato. Il professore corregge la prosa dello studente, ma lo consiglia anche su come agire praticamente e ne diventa complice di intrighi, affinché la storia narrata continui. Una vicenda scandita da un ritmo teso e seducente fino al magnifico finale.
Nella Casa è il tipico esempio di dramma architettato in modo astuto che ad un certo punto, volendo sorprendere e sorprendersi così tanto, rischia di crollare sotto il suo stesso peso, salvandosi con un'equilibrata reintromissione di alcuni elementi indispensabili per trovare l'equlibrio che stava venendo meno.
L'idea, la messa in scena e le prove attoriali sono strepitose nell'ultima fatica del cineasta francese, una voglia di continuare ad esaminare aspetti infausti da situazioni apparentemente ordinarie, nonchè interessato all’esplorazione e alla dissacrazione satirica dei valori fondativi della famiglia, in questo caso adattando un test teatrale in cui cerca di riproporlo attualizzandolo e prendendosi delle responsabilità importanti nel rispetto delle regole per lo spettatore e soprattutto per il taboo che và a destrutturare rendendolo però chiaro e spiegandolo, passo per passo, allo spettatore.
Il teatro della vita che Ozon ci racconta è molto più interessante di molte rappresentazioni e della finzione con cui ci apprestiamo a indossare sempre gli stessi vestiti.
Il teatro delle emozioni che invece il regista ci racconta è invischiato con alcune sfumature che forse non vorremmo mai vedere, crea un gioco nel gioco, dà allo spettatore grande rilievo e muove il terreno su temi attuali, intriganti, avvincenti, sempre equilibrati e che nascondono al loro interno delle pulsioni che sembrano quasi dei dogmi che dobbiamo sempre e ripettosamente servire per la società e per gli altri.
Ozon nel suo ultimo film insegna molte cose tra cui il desiderio vouyeristico di spiare le vite degli altri, universale nell'essere umano, e nascondersi dietro un giovane per appropriarsi di qualcosa di protetto e nascosto.
Due temi e due nature che trovano un equilibrio tra le parti, in grado di coinvolgere continuamente lo spettatore e farlo riflettere davvero su quali scelte andrebbero fatte e quali gesti e comportamenti sono apprentemente meno complici di altri.
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