Regia: J.C.Chandor
Anno: 2013
Paese: Usa
Festival: TFF 31°
Giudizio: 3/5
Un uomo naviga a vista sull'Oceano Indiano. Colpito un container alla deriva, ripara la falla e libera lo scafo dall'acqua imbarcata. Accomodato il danno, riprende la navigazione minacciata da lontano da nuvole nere. Abile e previdente, si organizza per affrontare la tempesta che, forte e implacabile, ha la meglio sull'imbarcazione. Rovesciato, precipitato in mare, riemerso, arrampicato, scivolato, ferito, l'uomo getta in acqua un natante gonfiabile, attendendo che il vento e le onde si plachino. L'indomani sotto un sole timido recupera suppellettili, generi alimentari e oggetti di navigazione, guardando mestamente affondare la sua barca a vela. Munito di sestante e di saldo coraggio, si barcamena, calcolando la sua posizione sulla mappa nautica. Invisibile alle navi e ai mercantili che incrociano la sua rotta, non si arrende alla natura e alle incessanti tempeste, rispondendo alla sua collera e rovesciando i suoi rovesci.
All'età di 76 anni Redford sembra ancora in ottima forma.
Cimentarsi in un film come questo, dimostra un certo coraggio e una grinta decisiva.
Contando che l'intero film è sulle spalle dell'attore, questa lotta per la sopravvivenza, affidata ad un uomo senza nome, che quasi non apre mai bocca, sembra essere l'ennesima dimostrazione di quella voglia di cimentarsi contro le sfide di madre natura.
Poche cose ci vengono dette da Chandor (MARGIN CALL), preso a filmare l'imperturbabilità del protagonista e una natura furibonda che si ribella all'uomo, mettendolo alle strette. Il regista ci suggerisce pochi indizi, non sappiamo come è finito lì, in mezzo all'Oceano Indiano, a 1700 miglia da Sumatra, ma sappiamo che nel giro di pochi minuti, succede l'imprevisto, l'incidente scatenante che dà il via alla storia.
Tutto il film regge su una messa in scena cruda, reale, senza metafore, ma cercando di spiegare che alcuni tipi di minacce sono semplicemente universali. Per cercare di contrastarle, ci vuole un personaggio che rappresenti il controllo umano sulle fatalità che si accaniscono su di lui e in questo caso la scelta di Redford (come di un Eastwood) si rivela molto funzionale.
Dal punto di vista dell'aspetto tecnico e delle scelte della regia, ho molto apprezzato il lavoro con il sonoro, il fatto che non ci sia nessun accompagnamento musicale, solo l'uomo e la natura.
Percepiamo i suoni dell'oceano, forse un paragone con il Vecchio e il Mare, è comunque un film che paga qualche piccola o grande ingenuità, come l'Sos a una nave mercantile che finisce per risultare una scena involontariamente comica.
Per finire All is Lost è certo un film fatto molto bene, con una sontuosa regia e un attore incrollabile. Eppure soprattutto nel finale, nella lotta con il gommone e poi dopo, sembra quasi che questa infinita avventura, rimanga qualcosa di fine a se stesso, un'opera sperimentale con qualche guizzo e tante belle scene. Sembra che durante tutta la visione siamo in parte accompagnati da una nuvola nera a metà tra la noia e lo stucchevole di deriva fantozziana più che hemingwayana.
Anno: 2013
Paese: Usa
Festival: TFF 31°
Giudizio: 3/5
Un uomo naviga a vista sull'Oceano Indiano. Colpito un container alla deriva, ripara la falla e libera lo scafo dall'acqua imbarcata. Accomodato il danno, riprende la navigazione minacciata da lontano da nuvole nere. Abile e previdente, si organizza per affrontare la tempesta che, forte e implacabile, ha la meglio sull'imbarcazione. Rovesciato, precipitato in mare, riemerso, arrampicato, scivolato, ferito, l'uomo getta in acqua un natante gonfiabile, attendendo che il vento e le onde si plachino. L'indomani sotto un sole timido recupera suppellettili, generi alimentari e oggetti di navigazione, guardando mestamente affondare la sua barca a vela. Munito di sestante e di saldo coraggio, si barcamena, calcolando la sua posizione sulla mappa nautica. Invisibile alle navi e ai mercantili che incrociano la sua rotta, non si arrende alla natura e alle incessanti tempeste, rispondendo alla sua collera e rovesciando i suoi rovesci.
All'età di 76 anni Redford sembra ancora in ottima forma.
Cimentarsi in un film come questo, dimostra un certo coraggio e una grinta decisiva.
Contando che l'intero film è sulle spalle dell'attore, questa lotta per la sopravvivenza, affidata ad un uomo senza nome, che quasi non apre mai bocca, sembra essere l'ennesima dimostrazione di quella voglia di cimentarsi contro le sfide di madre natura.
Poche cose ci vengono dette da Chandor (MARGIN CALL), preso a filmare l'imperturbabilità del protagonista e una natura furibonda che si ribella all'uomo, mettendolo alle strette. Il regista ci suggerisce pochi indizi, non sappiamo come è finito lì, in mezzo all'Oceano Indiano, a 1700 miglia da Sumatra, ma sappiamo che nel giro di pochi minuti, succede l'imprevisto, l'incidente scatenante che dà il via alla storia.
Tutto il film regge su una messa in scena cruda, reale, senza metafore, ma cercando di spiegare che alcuni tipi di minacce sono semplicemente universali. Per cercare di contrastarle, ci vuole un personaggio che rappresenti il controllo umano sulle fatalità che si accaniscono su di lui e in questo caso la scelta di Redford (come di un Eastwood) si rivela molto funzionale.
Dal punto di vista dell'aspetto tecnico e delle scelte della regia, ho molto apprezzato il lavoro con il sonoro, il fatto che non ci sia nessun accompagnamento musicale, solo l'uomo e la natura.
Percepiamo i suoni dell'oceano, forse un paragone con il Vecchio e il Mare, è comunque un film che paga qualche piccola o grande ingenuità, come l'Sos a una nave mercantile che finisce per risultare una scena involontariamente comica.
Per finire All is Lost è certo un film fatto molto bene, con una sontuosa regia e un attore incrollabile. Eppure soprattutto nel finale, nella lotta con il gommone e poi dopo, sembra quasi che questa infinita avventura, rimanga qualcosa di fine a se stesso, un'opera sperimentale con qualche guizzo e tante belle scene. Sembra che durante tutta la visione siamo in parte accompagnati da una nuvola nera a metà tra la noia e lo stucchevole di deriva fantozziana più che hemingwayana.
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