Titolo: Three of Life
Regia: Terrence Malick
Anno: 2011
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
E' la storia di una famiglia del Midwest negli anni cinquanta attraverso lo sguardo del figlio maggiore, Jack, nel suo viaggio personale dall'innocenza dell' infanzia alle disillusioni dell' età adulta in cui cerca di tirare le somme di un rapporto conflittuale con il padre. Jack si sente come un'anima perduta nel mondo moderno che vaga nel tentativo di trovare delle risposte alle origini e al significato della vita, tanto da mettere in discussione anche la sua fede.
Malick è un filosofo e il suo cinema transita spesso su territori metafisici, in cui le immagini si sposano con la poesia come a cercare di regalare dei momenti di rara intensità.
Detto questo, non bisogna però neanche cadere nel limbo delle immagini in cui lo spettatore non sempre riesce a rimanere legato alle stesse note d'intenti del regista, formulate in modo non sempre chiaro e semplice a livello intellettuale e sul piano della fruizione.
Un film che vuole essere anche una ricostruzione fedele e a tratti meravigliosa sulla nascita della vita, facendo della visionarietà fino al midollo, il suo biglietto da visita.
Questa caratteristica costituisce l'elemento in parte di forzatura del film poichè è costellato continuamente di rimandi e scene oniriche, mentre dall'altro suggerisce anche una maniera unica del regista di costruire una nuova forma di significato-immagine.
Malick parte proprio dall'epicità e dalla genesi della creazione in cui non mancheranno immagini nitide di una bellezza allarmante e con una fotografia praticamente perfetta.
Dalla nascita abbiamo sostanze che si mescolano, vulcani che esplodono, molecole che si separano. Dalla famiglia e dai rapporti tra i membri abbiamo onde che si frangono nel vuoto di una cascata e corpi celesti incandescenti che si scontrano, si uniscono e infine si separano.
Sembra quasi, ma qui lo dico e me ne prendo la responsabilità, che Malick abbia strizzato l'occhio a Kubrick pensando a 2001-ODISSEA NELLO SPAZIO.
Le musiche di Brahms, Mahler, Mozart e Bach si sposano perfettamente con la cornice del film intrecciandosi in maiera sorprendente su alcune immagini profetiche.
La scelta degli attori non è male, tutti riescono a dare drammaticità e spessore alla storia. Soprattutto la scelta di attori in un film così denso conferma come la sconfinata vastità dello spazio sia assolutamente perfetta da comprendere anche l'essere umano nella sua più piccola e capillare forma di esistenza. Esistere dunque è necessario in un universo mai così infinito, in cui qualsiasi forma vivente nasce, cresce e trova una missione.
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