giovedì 27 dicembre 2012

Day




Titolo: Day
Regia: Douglas Aarniokoski
Anno: 2011
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un gruppo di viaggiatori armati di fucili, asce e machete cammina per le strade di un paesaggio devastato, dove il ciclo naturale della vita è stato a lungo stentato. Una volta dodici, questi sopravvissuti si sono ridotti a cinque. Sono costantemente in movimento, ma quando uno dei loro membri si ammala e rallenta il ritmo, sono costretti a cercare rifugio in un casolare abbandonato.

The Day è strano perché non è affatto originale, non racconta quasi niente e fatica a decollare. Però poi travolge in quella parte centrale e finale molto disperata e violenta. Pur trattando un tema come quello post-apocalittico ormai abusato dal cinema, riesce comunque a mantenere un’aura propria senza assomigliare o prendere in prestito nulla da altri film usciti di recente il che già da solo vale una nota positif in più.
Alcune scene sono davvero apprezzabili come la disperazione di Adam che si accanisce sulla povera Mary in una scena di macabra e sofferente tortura e agonia.
Aarniokoski il cui nome è impronunciabile tanto quanto Shyamalaian non è un talento come regista in sé. Su sei film che ha fatto forse questo è l’unico che si salva, ma per capire parte della sua bravura bisogna vedere con chi ha lavorato (Gilliam e Rodriguez solo per fare due nomi che esigono rispetto).
Un cast interessante e variopinto in cui i cinque (quattro ma non voglio fare spoiler) vivono continuamente di contrasti, di un terrore e un’alienazione che giace dentro di loro e li porta ad essere feroci e crudeli quanto i “cattivi” della situazione. Proprio questa è la scelta congeniale del film che anziché mostrare zombie o feroci creature mostra ancora una volta come l’abominevole spietatezza umana non trova pari in natura.
E’ l’atmosfera a farla da padrona. Le location deserte canadesi unite alla scelta di usare dei colori saturati e tendenti quasi solo al blu e al grigio per la fotografia arricchiscono un film girato davvero con pochi soldi e di un nichilismo davvero spietato.

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